La nuova scuola dopo il Coronavirus: utopia o realtà?

 

È arrivato settembre, puntuale come ogni anno a ricordarci quanto il tempo corra velocemente quando ci si diverte.

Mese di transizione per ogni giovane, rappresenta quel periodo, o forse più quello stato d’animo, nel quale bisogna accantonare i fasti estivi e concentrarsi sul lungo e gelido inverno alle porte.

Settembre è il mese del ritorno. Al lavoro, a scuola, in palestra e al corso pomeridiano di inglese. Si salutano gli amici del mare, si fanno le valigie -sempre all’ultimo momento, con i capelli ancora bagnanti e la speranza di rubare qualche minuto in più di estate- e si torna a casa.

Ma quest’anno, al termine di un’estate post-covid, settembre ha una grande responsabilità.

Dopo sei mesi di stop 8,4 milioni di studenti italiani sono pronti a ritornare in classe.

I telegiornali non parlano d’altro, e il volto della ministra dell’istruzione Lucia Azzolina sta ricevendo più seguito mediatico della modella di gucci Armine Harutyunyan.

Si parla di sistemi di sicurezza, di distanziamento tra banchi e di classi divise a metà. Bisognerà recuperare il programma e riprendere con le verifiche in presenza, senza schermi condivisi o compagni che possono suggerire da uno smartphone.

Ad angosciare l’Italia in questo periodo, inoltre, sono i docenti. A livello mondiale gli insegnanti italiani sono tra i più anziani. Alcuni con patologie e altri semplicemente nella fascia d’età a rischio, non si sentono tutelati a tornare in cattedra. Il fatto che ancora, a circa una settimana dall’inizio delle lezioni, vi siano migliaia di posti di lavoro vacanti fa preoccupare. Il nostro paese non ha davvero delle figure di riferimento che possano dar fiducia ai giovani trasmettendogli la passione verso la propria materia?

A riempire le pagine degli maggiori quotidiani sono le precedenti questioni. I decreti sicurezza, il programma e i nostri professori anzianotti.

Ma dei ragazzi, i primi cittadini dell’ “universo scuola”, nessuno ne parla?

Loro sono stati già segnati un mese fa con caos delle discoteche chiuse. I giovani sono degli immaturi e menefreghisti. E a scuola vengono considerati come burattini, statici, passivi e volti a seguire le direttive dei piani alti, pena una nota nel registro.

“Settembre è un mese perfetto per ricominciare” canta Gazzelle.

Ecco, quest’anno, il tragico 2020, potrebbe essere il momento perfetto per ricominciare ad avere fiducia nei giovani e forse ad imparare un po’ da loro.

Certo, la paura si sente, e sarebbe strano il contrario. Ma gli studenti hanno tanta voglia di rimettersi in gioco, di ripartire tutti insieme e di trovare un modo nuovo di condividere la meravigliosa esperienza scolastica che il virus gli ha negato.

Il 14 settembre entrando in aula i ragazzi non penseranno tanto a disinfettarsi le mani prima di sedersi nel banco né a finire a tutti i costi Dante, del quale si è arrivati solo fino al purgatorio perché non c’è stato tempo.

Gli studenti italiani proveranno una sorta di esaltazione nel trovarsi tutti lì, insieme, di nuovo. E in un attimo si dimenticheranno dei mesi più bui, della quarantena, delle immagini dei carri armati che portavano via le salme.

Con la loro fervida immaginazione saranno i primi a dar calore anche ad un metro di distanza e attraverso le loro intelligenze multiple creeranno nuovi metodi di apprendimento.

La maniera di vivere la scuola è inevitabilmente cambiata, potrebbe questa essere l’opportunità per correggere tante cose che non vanno?

Ad interessarsi per primo ad un’ eventuale mutazione del sistema scolastico italiano post-covid è stato il professor Mantegazza. Già ad aprile, in piena quarantena, ha pubblicato il libro “La scuola dopo il Coronavirus”.


Se i politici che governano il nostro paese collegano a “scuola” il concetto di “norma”, per l’autore non è così.

Il libro -di sole 23 pagine, perfetto anche per i più pigri- mette al primo posto gli studenti e la cultura. Il professore esorta i docenti italiani a cambiare il metodo di insegnamento, plasmandolo alla nuova società nella quale viviamo. Li invita a non assegnare pagine e pagine di compiti senza entrare nel merito, senza far sentire ogni alunno parte di ciò che sta studiando. A non mortificare quegli studenti che dopo mesi non si troveranno a proprio agio in classe, ma anzi di creare insieme a loro dei nuovi ritmi da seguire, accompagnandoli verso la scoperta di se stessi.

Il dramma del Covid-19 porta con sé una grande opportunità. La vita di ognuno di noi è cambiata, ed è stupido cercare a tutti i costi di farla rientrare negli schemi che ci governavano fino a febbraio.

Ora come non mai abbiamo l’occasione di cambiare punto di vista, stravolgere tutto se necessario e migliorare le vecchie abitudini.

E la scuola deve essere il primo campo di applicazione di questa metamorfosi. La scuola è il luogo dove le menti crescono e il futuro si plasma, dove la parola “domani” non è mai così lontana.

Cambiamo adesso, tutti insieme, scopriamo nuovi ritmi e appassioniamoci alla cultura. 

Infondo, si sa, una volta toccato il fondo si può solo risalire. 

Azzurra Candelari