Alexander Bychkov, cannibale per orgoglio

Può una persona diventare un mostro se ferito nell’orgoglio? Forse a questa domanda dovrebbero rispondere psicologi e psichiatri, ma personalmente credo che in noi spesso si accendano sentimenti e reazioni difficili da contenere e che nella mente di qualcuno l’autocontrollo sia facile da scavalcare. Ecco, secondo me il concetto è proprio questo: se volessimo disegnare su carta un grafico dei nostri sentimenti e le azioni conseguenti, dovremmo tracciare una “linea limite” che normalmente non permette a sentimenti di rabbia, istinto, dolore, passione di degenerare in comportamenti distruttivi.

Per alcune persone forse quel limite è più distante e l’evoluzione di quei sentimenti pericolosi più essere più ampia (un po’ come una funzione matematica: noi quando la rappresentiamo su un grafico ad un certo punto ci fermiamo perchè solitamente va fino all’infinito; insomma la limitiamo). Bychkov probabilmente, pur di dimostrare la sua virilità, si è spinto ad atti che gli hanno fatto superare di gran lunga la civiltà.

Alexander Vladimirovich Bychkov è nato il 1° aprile del 1988 nei pressi di Belinsky, una cittadina di circa 9.000 abitanti nella “oblast’ di Penza” (una regione amministrativa russa). La sua era una famiglia “quasi” normale: Irina e Vladimir Bychkov (i genitori) vivevano in una casa di proprietà, ma le ferite di guerra e la miseria di un passato nemmeno troppo lontano li spingevano a cercare ogni modo per racimolare soldi e quindi, mentre il padre aveva un lavoro fisso, la madre si adoperava per fare piccoli lavoretti e contribuire a mettere insieme un po’ di denaro.

Alexander e Sergei, il fratello di due anni più giovane, sin da piccoli vennero impiegati a lavorare la terra del loro orto e a fare lavori per i vicini o qualche conoscente: spesso raccoglievano metallo, cartone e qualsiasi cosa fosse riciclabile e vendibile per qualche spicciolo. La loro in pratica era una famiglia che tirava a campare e purtroppo i limiti finanziari condusse i due ragazzini su una cattiva strada.

I fratelli Bychkov sin da adolescenti iniziarono a compiere piccoli furti, per lo più giocattoli, biciclette, vestiario e qualche oggetto “alla moda”; vennero acciuffati più volte, ma sia la polizia che i giudici (quando il loro caso veniva portato avanti) furono sempre magnanimi per via delle condizioni precari della famiglia e non risultano provvedimenti disciplinari esemplari nei loro confronti.

Purtroppo la già fragile stabilità familiare crollò quando Vladimir Bychkov, in un profondo stato depressivo, si suicidò a soli 40 anni. Si dice, ma è l’opinione non confermata di vicini e conoscenti, che il tragico gesto fu dovuto all’infedeltà della moglie. Alexander e Sergei, appena adolescenti, erano diventati il supporto della famiglia.

Come se ciò non bastasse alla fine del 2000, a soli 10 anni, Sergei venne investito da un’auto in corsa e la sua prognosi si è prolungata anni: pur sopravvivendo divenne disabile e Alexander dovette rinunciare alla scuola per prendersi cura di lui mentre la madre lavorava.

Bychkov, abituato al lavoro duro di chi era disposto a qualunque cosa per pochi spiccioli, impegnò la sua adolescenza nei campi, in trasporti di legname, metalli e lavori saltuari ogni volta che gli venivano richiesti e solo nel 2008, all’età di 20 anni riuscì a trovare un po’ positività fidanzandosi con una ragazza di nome Svetlana (il cognome non è stato reso pubblico).

Ma la felicità della coppia fu breve e limitata a qualche rapporto sessuale: Alexander Bychkov, nonostante la vita dura che lo aveva segnato, con lei cercò di essere gentile, premuroso e il più possibile equilibrato, ma probabilmente la ragazza gradiva qualcosa di più maschio, di più bestiale.
Complice anche il fatto che il ragazzo si guadagnava da vivere con tutto ciò che gli veniva offerto e non aveva un lavoro fisso, tra i due iniziarono aspri litigi in cui Svetlana lo accusava di essere uno zerbino , di non aver spina dorsale. L’inevitabile epilogo avvenne verso la fine dell’anno, quando la ragazza lo insultò per l’ennesima volta dicendogli che era un buono a nulla e lo cacciò dalla casa in cui convivevano.
Alexander Bychkov ha scritto in un diario dei suoi crimini, che ha consegnato alla polizia quando confessato tutto: nelle prima pagine c’era scritto pressochè questo:

«… Ha detto che ero buono a nulla, non un lupo. Io le farò vedere … Forse così lei la smetterà di lamentarsi e capirà che sono un vero lupo… un lupo solitario».

Dalla sua stessa confessione è risultato che Bychkov ha iniziato ad uccidere e divorare parti delle vittime solo per impressionare la sua ragazza. In realtà voleva raggiungere quello stato bestiale e di dominio che lei cercava in lui e che fino ad allora non aveva mostrato.

«Mi ha oscurato, ha detto che sono senza spina dorsale. Ma io sono un lupo solitario e gliel’ho dimostrato. Lei ancora non lo sa, non le ho mai detto nulla. Ma ora lei lo saprà, saprà chi sono veramente…» disse durante l’interrogatorio.

Bychkov nel suo diario assumeva l’identità di “lupo solitario” o di “Rambo” e scriveva accuratamente le modalità di scelta delle sue vittime, i suoi piani per adescarle, ucciderle e le modalità con cui le sezionava e ne mangiava delle parti, per lo più fegato e cuore.
Per sviluppare una personalità criminale passava molto tempo nel guardare serie TV e film di criminalità e si appuntava ogni dettaglio che gli poteva tornare utile, perfino gli errori che i personaggi compivano e che li portavano all’arresto. Scelse quindi di uccidere personaggi marginali della società: senzatetto, nomadi o persone poco conosciute della zona e di seppellirle in giardino perché aveva imparato che le indagini spesso trascurano i luoghi più ovvi in cui cercare.

E c’è da dire che ha avuto in un certo senso ragione perché gli 11 omicidi e scempi che ha compiuto non sarebbero mai stati scoperti se non per una attimo di responsabilità (forse pentimento?) da parte sua.
Il 17 settembre del 2009 Bychkov ha commesso il suo primo omicidio: Yevgeni Zhidkov, uno straniero di 60 anni che aveva incontrato in una taverna locale. Zhidkov era venuto a Belinsky da una provincia poco distante per compilare i documenti necessari per la domanda di pensionamento; Bychkov che abitava per conto suo, gli offrì una camera per la notte a prezzo stracciato e l’uomo, che aveva molte commissioni da svolgere in città, accettò di buon grado. Quando l’uomo si è addormentato Bychkov lo ha pugnalato a morte con un coltello da cacciatore e ne ha smembrato il cadavere, che poi ha seppellito dietro casa durante la notte successiva.

Bychkov, eccitato per quella prova di crudeltà, da quel momento iniziò a prendere fiducia in se e volle saziare un desiderio continuo di onnipotenza. Sul suo diario iniziò ad appellarsi “Rambo” e scrisse sempre più nei dettagli le sue azioni.

Il suo modus operandi alla fine era sempre uguale e sempre vincente: attivava alcoolisti, senza tetto o stranieri a casa con la scusa di una camera per la notte a basissimo prezzo o addirittura gratis e quando si addormentavano li uccideva con un coltello o un martello. I resti venivano sepolti nel cortile della sua casa o gettati nella discarica della città e di alcuni teneva cuore e fegato per cucinarli e mangiarli, un po’ come facevano alcune tribù cannibali per affermare la loro potenza e per assorbirne lo spirito guerriero.

Bychkov uccideva nelle stagioni calde ed per un motivo più che ragionevole: quando era tempo di raccolta nei campi spesso si assume migranti e stranieri a basso prezzo: in quel modo, uccidendo in quei periodi in cui in città ci sono molti sconosciuti, la polizia avrebbe sospettato dei lavoratori temporanei e si sarebbe concentrata meno sugli abitanti.

Tra le vittime di Bychkov c’è stato anche un uomo dello stesso quartiere del ragazzo: lo uccise perché, a suo dire, l’uomo aveva iniziato a sospettare di lui e cercò di ricattarlo.

Il primo cadavere è stato trovato nella primavera del 2010 e apparteneva a Sergei Berezovsky, l’ex compagno della madre di Alexander e nel settembre dello stesso anno sono stati trovati altri due cadaveri smembrati. Tutti e 3 vennero trovati nella discarica; altri 6 erano sepolti nel suo giardino.
Alexander Bychkov in tre anni di attività ha avuto comunque diversi problemi economici: orami fuori casa, non riusciva a trovare un lavoro fisso e i suoi erano per lo più lavoretti che non gli permettevano nemmeno di pagare l’affitto. Nemmeno addosso alle vittime trovava molto di utile perché le sceglieva tra le più povere o sbandate; ciò lo portò nuovamente a procurarsi da vivere con piccoli furti in negozi o nelle case.

Nel gennaio 2012 Bychkov svaligiò un negozio di ferramenta, da cui rubò coltelli da cucina e altri oggetti per un totale di circa 10.000 rubli (300 euro). L’ormai 24enne però non si accorse dell’allarme silenzioso e venne colto sul fatto dalla pattuglia che giunse a controllare. Venne portato in centrale e interrogato sul furto e fu allora che improvvisamente iniziò a confessare tutti i suoi omicidi.

Gli agenti erano increduli e in un primo momento hanno pensato che il ragazzo stesse scherzando, ma poi lui li portò a casa sua e mostrò tutto: le buche dove aveva seppellito le sue vittime, il suo diario, i siti sui serial killer dove prendeva spunto e perfino alcune foto che aveva scattato ai cadaveri.
Il diario del cannibale è stata la prova madre per accusarlo dell’omicidio di 9 persone (quelle che sono state effettivamente ritrovate), ma lui ne ha confessati 11: i resti delle due vittime mancanti non sono ancora stati ritrovati.

Nell’interrogatorio e nel processo Bychkov ha affermato di aver mangiato fegato, cuore e muscoli delle sue vittime; in seguito alle sue dichiarazioni gli è stato diagnosticato un disturbo di personalità misto, ma è stato reputato mentalmente capace di sostenere un processo. Il 22 marzo 2013 è stato riconosciuto colpevole di 9 omicidi ed è stato condannato all’ergastolo dalla Corte dell’oblast di Penza.

redazione