Fonte: tv.iltempo.it

A Nigoro, in Giappone, il villaggio popolato dalle bambole

Ripopolare un villaggio quasi deserto con le bambole. È l’originale progetto messo in atto da Ayano Tsukimi, un’artista giapponese. Come ha avuto origine la sua idea? Facciamo un salto indietro nel tempo: quando la donna, 11 anni fa, è tornata al suo villaggio dopo un lungo periodo di assenza, si è trovata di fronte un posto completamente diverso da quello che conosceva e in cui aveva vissuto. Non c’era praticamente più nessuno in giro e così ha avuto la sua originalissima idea: avrebbe ripopolato lei stessa il villaggio con bambole fatte a mano.

Queste sue creazioni sono ora disseminate ovunque, sulle panchine, nelle strade, fuori dalla sua casa, a lavoro nelle fabbriche; alcune sembra persino che se ne stiano a bighellonare intorno al complesso abbandonato della scuola. Nell’arco di 10 anni, Ayano ha cucito circa 350 bambole a grandezza umana, ognuna delle quali rappresenta un ex abitante del villaggio.

Nagoro è un villaggio lontano, arroccato nelle valli di Shikoku Island. Una volta era un centro vivace, con una grande azienda e centinaia di abitanti. Molti però, nel corso degli anni, si sono spostati verso le grandi città in cerca di un lavoro migliore, abbandonando così definitivamente il villaggio. La popolazione è diminuita e gli abitanti rimasti sono via via morti. Attualmente Nagoro conta 37 residenti in vita e, ovviamente, molte bambole. Ed Ayano crede che arriverà il momento in cui riuscirà a far rivivere tutti gli abitanti del villaggio.

Un pensiero originale, senza dubbio, alla luce del quale si spiega il bizzarro hobby dell’artista, impegnata a cucire bambole. Quando realizzo la bambola di una persona morta, penso a come questa era quando viveva ed era in salute – afferma l’artista, che prosegue – le bambole sono come i miei figli“.

singolare che il suo talento nel realizzare le bambole sia rimasto nascosto fino a un anno dopo il suo ritorno a casa. Durante quell’anno si è dedicata a piantare semi, ma da nessuno è poi germogliata una pianta. Così ha deciso di realizzare uno spaventapasseri, che è risultato molto somigliante a suo padre. Da quel momento Ayano ha iniziato a fare bambole, riempiendo il villaggio con le sue creazioni, fedeli riproduzioni delle persone che un tempo conosceva.

Il suo lavoro è stato recentemente illustrato in un documentario intitolato “La valle delle bambole“, realizzato dal giornalista e fotografo Fritz Schumann, che ha esaminato nel dettaglio il mondo di bambole dell’artista, illustrando le sue tecniche e le motivazioni che l’hanno animata.

Le espressioni facciali sono la parte più difficile – spiega Ayano – Le labbra sono molto complesse: una piccola modifica e possono sembrare quelle di una persona adirata. Sono molto brava nel realizzare le nonne. Tiro le cordicelle all’altezza della bocca e loro sorridono. Nella vecchia scuola che è stata chiusa due anni fa – prosegue l’artista – c’erano due studenti e un insegnante. Io ho realizzato gli studenti, l’insegnante e il dirigente scolastico. Non mi piace fare bambole strane, ma personaggi che ben si inseriscono in un determinato scenario“.

Ayano è comunque consapevole del fatto che le sue creazioni possano non piacere a tutti e che possano sopravvivere al massimo tre anni. Certo, non deve essere facile per l’artista vivere in un villaggio praticamente deserto. Ma Ayano sembra non preoccuparsene e riconosce “Non penso alla morte. So che ci vuole un’ora e mezza per raggiungere il più vicino ospedale, quindi, se dovesse accadermi qualcosa, probabilmente morirei prima di riuscire a giungervi. Ma non penso che morire sia spaventoso. Forse vivrò per sempre“.

Ci piace pensare che, anche se ogni bambola ha una vita molto breve, il ricordo della valle ripopolata dalle figure di Ayano sopravviverà a lungo.

redazione