Vivian Maier, la fotografa in mostra a Milano: suoi i primi selfie della storia!

Dopo la mostra al Man di Nuoro, arriva a Milano per la prima volta – dal 20 novembre al 31 gennaio – la mostra “Vivian Maier. Una fotografa ritrovata”. Approda quindi il bizzarro e affascinante personaggio della bambinaia dell’Upper Class newyorkese, nel tempo libero fotografa con la sua Rolleiflex prima e la Reflex dopo. La mostra, a cura di Anne Morin e Alessandra Mauro, è un’iniziativa di Fondazione Forma per la Fotografia, realizzata in collaborazione con Chroma Photography, ed accompagnata dall’omonimo libro edito da Contrasto. Verranno esposte 120 foto in bianco e nero, degli anni Cinquanta-Sessanta, e una selezione di immagini a colori degli anni Settanta, oltre ad alcuni filmati in super 8 che mostrano come la fotografa si avvicinasse ai suoi soggetti.

Nel 2007 il giovane John Maloof, agente immobiliare e appassionato di collezionismo, acquistò un archivio sterminato, con più di 150.000 negativi, migliaia di pellicole non sviluppate, stampe, film in super 8 o 16 millimetri, registrazioni, appunti e altri documenti di vario genere che la Maier accumulava e custodiva gelosamente nelle stanze in cui viveva. Questo immenso tesoretto era finito nell’angolo di un magazzino e poi messo all’asta, come pegno per aver saltato più di un mese d’affitto.

Il fascino della fotografa è dovuto al mistero che circonda la sua vita e il suo lavoro. La sua vicenda è diventata un caso mediatico poco dopo la sua morte, nel 2009, ed è conosciuta solo a grandi linee, così come nota è solo una piccola selezione delle sue immagini e una manciata di informazioni sulla sua vita. La Maier indagava misteriosamente nelle esistenze degli altri a New York, Chicago, Los Angeles, fotografando ciò che le pareva strano e degno di nota o le più comuni azioni quotidiane sia dei ceti alti che dei quartieri degradati, restituendoci così un quadro realistico e completo della società americana appena uscita dalla guerra.

Vivian può essere considerata come l’antesignana della “street photography”, un particolare genere fotografico che riprende i soggetti in atteggiamenti spontanei e in luoghi pubblici al fine di evidenziare in maniera artistica alcuni aspetti della società.   I soggetti sono diversi: i bambini a cui lei faceva da tata, ma anche la gente per strada, gli oggetti di uso comune, i dettagli apparentemente più insignificanti quali una gamba, un semplice gesto tra la folla, lo scorcio di un edificio che rivelavano l’umanità non solo delle persone ma anche dei luoghi. Inoltre scattò anche molti autoritratti, caratterizzati dal fatto che non guardava mai direttamente verso l’obiettivo, ma utilizzava in genere specchi o vetrine di negozi come superficie riflettente. Possiamo dire infatti che creò i primi selfie della storia con lo scopo di sottolineare quanto anche lei si sentisse parte integrante di quel mondo amabilmente catturato dalla sua macchina fotografica.

Alice Spoto