Gli IgNobel 2016 premiano la scienza più bizzarra dell’anno

Nell’immaginario collettivo, lo scienziato ha le sembianze di un individuo incredibilmente serio, se non addirittura corrucciato; qualcuno evidentemente non avvezzo a prendere la vita con leggerezza ed ironia, magari sempre chino su libri ed alambicchi, per cercar cosa poi…
La realtà è invece assai più rosea, proprio per sdrammatizzare su anni di lavoro per nulla facili e a volte inconcludenti, gli uomini di scienza tendono spesso a fare autoironia. L’esempio più lampante di ciò è senza dubbio alcuno il Premio Ig Nobel, o Ignobel per noi italiani. Almeno in questo caso si, è tutto esattamente come sembra: se il Nobel premia le ricerche più geniali, l’Ignobel premia quelle più bizzarre, apparentemente inutili e che “prima fanno ridere la gente, poi la fanno riflettere”.

Ad ospitare la 26esima edizione della bizzarra cerimonia è stata nientepopodimenoche Harvard e precisamente il Sanders Theatre. Una cornice prestigiosa per un premio che vuole avere innanzitutto un  carattere divulgativo e solo in secondo luogo goliardico. Mostrare applicazioni incredibili e del tutto inusuali del metodo scientifico, infatti, si rivela spesso un ottimo modo per coinvolgere il pubblico ed attrarne l’interesse. Se vi state chiedendo in cosa consista il premio, non rimarrete delusi: ben 3.000 milioni di dollari dello Zinbabwe, in altre parole 5 miseri dollari americani. In compenso, sono stati consegnati da scienziati di tutto rispetto, vincitori di premi Nobel che, magari, porteranno fortuna alla carriera degli scienziati bizzarri protagonisti della serata.
Dallo studio sull'”immunità” dei cavalli bianchi all’attacco dei tafani a quello sull’effetto di pantaloni di vario materiale sulla vita sessuale dei ratti; al solito, la scienza ha dato spettacolo, ma ha fatto anche polemica premiando Volkswagen con l’ Ig Nobel per la Chimica con come motivazione “l’aver risolto il problema delle emissioni riducendone la produzione, automaticamente ed elettromeccanicamente, ogni volta che le automobili vengono sottoposte a un test”. Un modo goliardico per sottolinare lo scandalo,in realtà gravissimo,  che ha visto come protagonista l’arcinota casa automobilistica tedesca.

Sebbene quest’anno non abbiamo raccolto alcun riconoscimento, in passato noi italiani non siamo stati da meno. Sebbene il 2015 sia stata un’annata meno gloriosa dell’ormai lontano 2014, che ci fruttò ben due premi, uno per l’Arte e l’altro per l’Economia, il porta-bandiera italiano dell’anno passato fu Gennaro Bernile, professore associato di Finanza alla Singapore Management University. Ad incoronarlo, insieme a Vineet Bhagwat e Raghavendra Rau, uno studio il cui contenuto può essere sintetizzato in: ciò che non ti uccide, ti renderà uno spietato uomo d’affari.  Il trio ha studiato il legame tra l’infanzia “turbolenta” dei Ceo ed il loro comportamento da Amministratori Delegati. Pare che vi sia una correlazione tra l’amore del rischio, sviluppato in età infantile, e l’attitudine alle operazioni finanziarie spericolate. Non fatevi un cruccio, dunque, del vostro non essere diventati dei grandi imprenditori, sarà soltanto perché eravate dei bravi bambini.

Tra tutti i vincitori dell’Ig Nobel dalla sua prima edizione ad oggi, tuttavia, uno spicca su tutti: si tratta di  Andrej Gejm. A renderlo così speciale è l’essere vincitore di un Nobel per la Fisica, ottenuto nel 2010 grazie alle ricerche sul grafene, e di un Ig Nobel nel 2000, per essere riuscito a far lievitare una rana grazie alla forza magnetica.
Vincere un premio Ig Nobel, dunque, non sembra essere una patente di idiozia, ma il riconoscimento scherzoso alla ricerca bislacca, frutto di quella creatività, anche un po’ infantile, che è alla base delle grandi scoperte.
Non c’è idea geniale che non sia frutto, almeno in parte, dell’errore o dello scherzo, ogni buono scienziato ne è perfettamente consapevole. Non ci resta che attendere la prossima edizione e, intanto, guardarci in differita la cerimonia e farci quattro risate.

Silvia D'Amico