Professione reactioner: piccola incursione nella storia dei “video reazione”

Di Sebastiano Mura per Social Up!

Il web si sa è di base una fucina di idee, un contenitore dalle dimensioni più che ragguardevoli che può contenere e contiene, un numero notevole di stranezze, personaggi eccentrici, stravaganti e alle volte del tutto assurdi. È difficile, in un contenitore di questo tipo, riuscire a tenere il passo con tutto ciò che di nuovo può venire fuori ogni giorno.

Ma in un epoca come la nostra in cui l’essenza personale si esprime, ancora prima che attraverso il nostro essere reali, con l’immagine che possiamo dare di noi mediante uno schermo, un profilo, una foto pubblica, esistono e si sviluppano modi sempre nuovi per proporsi al resto della società. La timidezza che sembra attanagliarci quando ci troviamo faccia a faccia con un estraneo, anche quando ci si trova davanti ad un atto semplicissimo come un saluto, scompare quando davanti a noi c’è la nostra webcam, il nostro videofonino o un qualsiasi aggeggio che possa registrare la nostra figura in quel momento, e ci faccia da filtro, e forse da scudo, alla visione e al giudizio di chi ci possiamo trovare davanti. Il risultato è che per esprimere se stessi si deve passare, per forza di cose, dal web, diventando di fatto attori e spettatori allo stesso tempo.

Il fenomeno del quale vorremmo trattare oggi fa proprio parte di questi mille e più modi di intendere l’essere agente e ricevente di un messaggio digitale. Parliamo in particolare del caso di Youtube.
Scegliamo lei, la piattaforma video per eccellenza, la più conosciuta e la più utilizzata perché, proprio qui abbiamo modo di trovare innumerevoli esempi di ciò di cui stiamo parlando. Vi sarà capitato sicuramente, nel corso di un semplice giro di giostra sulla famosa piattaforma, di imbattervi in titoli che riportavano la stringa “Reaction to”. Per essere più chiari parliamo di video nei quali Youtuber, Blogger e Vlogger di professione o improvvisati e utenti anonimi vengono ripresi, o si riprendono registrando una reazione ad un qualcosa che si trovano davanti, sia questo un video scherzoso, pauroso, un concerto o una performance, un film o un episodio della propria serie preferita. Poco conta il contenuto, ciò che conta è puntarsi addosso una videocamera e lasciare che gli altri vedano la nostra reazione.

Diventato un fenomeno virale, sopratutto negli ultimi anni, il diffondersi dei primi reaction videos, risale alla fine degli anni 2000. Emblematico il caso di un video del 2006, in cui due bambini, fratello e sorella, erano intenti a scartare i loro regali di Natale. Il padre filma il tutto e la reazione del piccolo nel vedersi regalare una Nintendo 64 diventa virale. Diciannove milioni di visualizzazioni. Da qui a fare dei video reazione un fenomeno di emulazione il passo è brevissimo. Le prime forme erano molto simili a quelle delle Candid Camera. Una vittima veniva filmata, spesso a sua insaputa, quando era alla prese con le questioni più spinose: proposte di matrimonio (e non pensate che in questi casi la risposta sia sempre così scontata), scherzi organizzati dagli amici, incidenti stradali, gli esempi sono tantissimi. Tra i tanti,  altri video che raggiunsero una notevole diffusione ci fu quello preparato da un padre (ammettiamolo, un pochino crudele) che decise di filmare il figlio di sette anni, alle prese con i postumi dell’anestesia fattagli dal dentista e al quale, durante il viaggio di ritorno in macchina, arrivò addirittura a chiedere “ma questa è la realtà?”.

Ma non passa molto tempo e le vittime si fanno protagonisti dei propri video. Ecco che allora anche le tipologie si moltiplicano. Reaction videos per la propria serie tv preferita, per la pop star del cuore, per le performance più strane, per i video di cadute, incidenti, scherzi. Il reaction video si mixa a quello che già si trova presente in rete e diventa, man mano un nuovo metodo per comunicare. Si pensi ai numerosissimi video reazione a dischi, canzoni, concerti, film, serie tv. Una sorta di recensione (più o meno attendibile a seconda, ovviamente, della fonte) in “diretta” e “senza filtro” di un qualsiasi contenuto. In altri campi video di questo tipo esistono già. Si pensi alle video recensioni di prodotti tecnologici, agli unboxing videos. Le nuove uscite e le novità vengono aspettate e commentate nel momento stesso dell’uscita. Si aspetta di poter ascoltare la tanto attesa canzone del proprio cantante preferito, per filmare la propria reazione e per poterla poi condividere. Un fenomeno che spopola, forse proprio per questa sua dimensione della scoperta, tra giovanissimi. E non si tratta di un fenomeno di poco conto. Molti reaction videos registrano visualizzazioni a sette/otto cifre. Si parla di milioni. Alcuni nuovi formati continuano a comparire come quelli del “First time…” nei quali i protagonisti si ritrovano alle prese con la loro prima volta nello sperimentare le cose più disparate: dai cibi esotici alla visone, per la prima volta, di video pornografici.

La nuova moda raggiunge anche coloro che da anni ormai si dedicano al “lavoro” di Vlogger o Youtuber attraverso una cortocircuitazione che porta loro stessi ad essere oggetto osservato e soggetto osservatore (che a sua volta è però un oggetto guardato da tutti gli altri utenti del servizio). Il risultato può essere esilarante e spiazzante allo stesso tempo. Immaginate le vostre stesse espressioni nel riguardare un video in cui dieci o più anni prima, siete intenti a fare le vostre cose, parlare dei vostri amici, registrare voi stessi, immaginate ora che il mondo intero (potenzialmente almeno) vi possa guardare: è questo ciò di cui si parla, nient’altro.

C’è chi in un fenomeno in piena espansione come quello dei reaction videos, prova a trovare significati profondi, analogie biologiche con i nostri cugini babbuini, affinità elettive latenti tra noi e i protagonisti di questi video. Le motivazioni, per il successo di questo fenomeno, possono essere tante. La videocamera e lo schermo appartengono alle nostre vite. Come forse è stato già detto rappresentano la nostra corazza nei confronti di un mondo “reale”, nel quale non ci sentiamo forse così sicuri, così “confident” da affrontarlo a viso aperto. Un mondo che se ci spaventa visto direttamente coi nostri occhi, ci sembra meraviglioso e inoffensivo rappresentato da un supporto elettronico. C’è solo  la volontà di ritrovare sé stessi nei visi degli altri. La possibilità di rendersi partecipi di un’emozione che, anche se a distanza, si sente condivisa. Quella canzone dopo tutto l’aspettavamo tanto anche noi. Avremmo forse reagito allo stesso modo.

Tutto questo rappresenta forse la dimensione veramente più “sociale” dei social network. La condivisione, la comunicazione e l’immedesimazione in un sistema che ci ricollega alle più naturali espressioni umane. La gioia, la sorpresa, la paura, l’imbarazzo. Un mezzo che supera le distanze fisiche e che forse rappresenta, in questo senso, la nostra continua ricerca di conferme e di comunione.

redazione