Viaggiare ti apre la mente, l’Erasmus ti cambia la vita!

Immaginiamo di avere una macchina del tempo e di teletrasportarci nel 1987. L’Europa non è come quella che siamo abituati a vedere. Muri ancora intatti dividono quello che ormai per noi è un Unione solida e conclamata. Giovani in lotta per i propri diritti e per la propria libertà. Poca informazione, poca tecnologia, poca cultura, pochi soldi, poche opportunità, poco tutto. Eppure, in un’Europa ancora a metà, 3.244 giovani, armati solo di coraggio e curiosità, decisero di fare le valige e di partire per luoghi lontani e sconosciuti. Anno 1987. Prende avvio il progetto Erasmus!

D’allora,  più di tre milioni di studenti, docenti, personale universitario e neolaureati hanno avuto la grande occasione di far parte del più grande programma di mobilità per studenti del mondo e uno dei maggiori successi del progetto unitario europeo. Un successo senza precedenti non solo per i numeri ma anche per le conseguenze sulla vita di chi decide di partire.

ERASMUS: SCELTA DI VITA

L’Erasmus cambia la vita e lo fa per davvero a livello professionale, sociale, culturale, affettivo. Un viaggio materiale e spirituale alla ricerca di se stessi e di nuove esperienze formative. Una tappa quasi obbligatoria per milioni di giovani, i quali non si accontentano della realtà che li circonda. Decidono, allora, di ampliare i propri orizzonti e confrontarsi con un mondo simile e diverso allo stesso tempo. A distanza di 28 anni dal suo inizio, è ormai chiara l’importanza che ricopre tale programma nel percorso formativo degli studenti. Lo dimostra anche l’indagine condotta dalla Commissione europea. Attraverso il racconto di 78mila persone, l’ente europeo ha valutato, infatti, l’impatto che l’Erasmus ha avuto nella vita di chi decide di partire.

ERASMUS: QUALI EFFETTI?

Prima di tutto, l’Erasmus riduce il rischio di disoccupazione. I dati dimostrano che chi ha partecipato al progetto ha più possibilità, non solo di trovare un impiego, ma addirittura di mantenerlo nel tempo. Nello studio si legge, infatti, che anche cinque anni dopo il completamento degli studi, il tasso di disoccupazione tra gli ex Erasmus è più basso del 23 per cento rispetto agli altri. Inoltre, le opportunità di trovare un lavoro in ambito internazionale aumentano considerevolmente. Circa il 69 per cento di chi ha trascorso un periodo all’estero ha un impiego con caratteristiche internazionali, contro il 64 per cento di chi non è mai partito.

 

GENERAZIONE ERASMUS

Altro dato interessante è l’aumento della fiducia in se stessi e nelle proprie capacità. La ricerca ha messo a fuoco sei tratti della personalità: adattabilità nei confronti di altre culture, apertura verso nuove esperienze, sicurezza in se stessi, capacità di decisione e abilità nel risolvere problemi. In media, chi torna dall’Erasmus, è più sicuro nel creare buoni rapporti lavorativi e interpersonali. Da non sottovalutare è il dato riguardante l’amore: su tre milioni di studenti partiti dal 1987 a oggi, più di un quarto di coloro che ha preso parte al progetto hanno incontrato il proprio partner durante il periodo di studio in un altro Paese europeo. Da queste unioni sono nati un milione di cittadini europei, i quali hanno dato vita alla cosiddetta “generazione Erasmus”, artefice della creazione di una forte identità europea.

Come sostengono diversi politologi europei, saranno proprio questi giovani, una volta raggiunti i centri di comando, ad innescare un cambiamento a livello nazionale ed europeo, allo scopo di creare realmente quel senso di appartenenza ad un’unica grande Unione.

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Catiuscia Polzella