Cibo insufficiente, energia razionata, farmaci non disponibili, proteste ogni giorno: ecco la quotidianità in Venezuela da qualche, ormai troppo, tempo. La sconfitta alle elezioni parlamentari del dicembre 2015 ha messo in grave difficoltà la leadership di Nicolas Maduro, che non sembra più in grado di tenere le redini di un Paese sconvolto da una crisi agricola, industriale ed economica, dovuta principalmente all’abbassamento del prezzo del petrolio, che ha scosso in maniera significativa l’assetto economico, fondato interamente sull’esportazione dell’oro nero. I tentativi di recuperare un Paese sull’orlo del baratro da parte del governo sono risultati inutili e al limite dell’assurdo. In alcuni casi, infatti, si è arrivati addirittura a negare l’esistenza dei problemi.
Imprese e aziende assaltate e svuotate di macchinari e materiale, supermercati arrembati dalla folla e saccheggiati, il tutto in un clima da polizia militare che non aiuta il clima sociale. La fame, quella vera, comincia a farsi sentire a tutti i livelli della società: il Venezuela non è più in grado di produrre cibo a sufficienza per la propria popolazione e la crisi economica impedisce un aumento dei volumi di importazioni tale da poter garantire i beni di prima necessità. Acqua, pane e zucchero oggi sono beni di lusso, per costo e reperibilità. Per chi protesta c’è il carcere e per il resto della popolazione solo code lunghissime che possono richiedere anche interi giorni di attesa. È questo l’unico modo per alimentarsi. Chi non può comprare al mercato nero, infatti, patisce le conseguenze di una grave carestia.