La piaga del commercio della tartaruga d’acqua dolce americana

Molti di noi hanno beneficiato della compagnia di animali domestici, altri preferiscono la compagnia di un animale che è sia domestico che inusuale; la tartaruga d’acqua dolce americana (Trachemys scripta) è uno di questi. Ne esistono tre sottospecie: T. scripta scripta, T. scripta elegans, T. scripta troosti. Sebbene l’Unione Europea abbia vietato l’introduzione della sottospecie elegans, questo ha solo causato un aumento dell’importazione della sottospecie scripta.

Ma cosa c’è dietro? Oltre al fatto che il commercio di animali è molto discutibile, in particolare la circolazione di questa specie nei vari Paesi, rilasciata in natura da parte di privati e commercianti, ha provocato un serio danno degli ecosistemi. Siamo di fronte al tipico (seppur errato) comportamento che prevede il rilascio nel momento in cui l’esemplare raggiunge dimensioni elevate e non più comode per la detenzione.

T. scripta è una specie americana: nei territori non americani, quindi, è definita alloctona (non appartenente alla fauna locale), mentre in Italia è naturalizzata, ovvero riproduttivamente attiva e in grado di autosostenersi nel tempo. E’ inoltre invasiva in quanto causa danni significativi alla biodiversità del luogo.

E’ difficile immaginare che un animale, in apparenza innocuo, possa provocare dei danni ai nostri ecosistemi. Un primo problema si presenta quando la specie americana entra in competizione con la specie italiana Emys orbicularis (e in Sicilia con Emys trinacris, esclusiva di questa regione, scoperta nel 2005) poiché hanno un’ecologia molto simile. Questa condizione fa si che la tartaruga americana disturbi le specie locali in vari contesti:

  • a livello alimentare, le due specie condividano le stesse prede, ma quella americana risulta essere più vorace;
  • a livello riproduttivo, la Trachemys si riproduce più velocemente e più volte l’anno;
  • a livello di competizione diretta, la specie americana è più propensa ad occupare i siti di basking (dall’inglese “crogiolarsi”, sono siti al di fuori dell’acqua per esporsi al Sole e regolare la propria temperatura corporea) ed è portatrice di parassiti che possono danneggiare anche la specie italiana.

La popolazione di Emys nelle varie regioni è andata diminuendo nel corso degli anni, non solo per la competizione con la specie “antagonista” , ma anche per la frammentazione degli habitat umidi ad opera dell’uomo. Inoltre, come già detto in precedenza, la tartaruga americana risulta più vorace, di conseguenza anche le sue prede diminuiscono più rapidamente di quanto dovrebbero. Questo causa un’alterazione dell’equilibrio dell’ecosistema e un’eventuale perdita di biodiversità. La scomparsa di una specie non è un evento fine a se stesso, ma al contrario, può riflettersi anche su altre specie.

Ciascuna specie, infatti, può essere preda di un’altra, ed in tal caso la sua mancanza si concretizza nel mancato nutrimento del predatore. Ma può anche accadere che l’estinzione di un predatore permetta alle specie preda di espandersi espandersi più del dovuto, scombinando gli equilibri della catena alimentare.

Il problema causato dalla specie americana è già riconosciuto da parecchi anni, tanto che sia la specie italiana che quella siciliana appartenenti al genere Emys sono considerate “in pericolo” dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) ed esistono progetti per la loro tutela, atti anche alla sensibilizzazione dei commercianti e degli acquirenti.

È, pertanto, da evitare assolutamente il rilascio in natura di ulteriori esemplari di Trachemys scripta e continuare ad alimentarne il commercio. Se si presenta la necessità di disfarsi di questi esemplari, esistono strutture (laghetti artificiali o centri recupero) che sono finalizzate ad accogliere specie alloctone in ambiente controllato dove non siano a contatto con la fauna locale.

Ciò che invece sarebbe opportuno fare è informare, soprattutto sugli aspetti riguardanti il commercio di animali e il rilascio in natura di questi.