Tirchi o spendaccioni? È anche colpa di mamma e papà

Di Sebastiano Mura per Social Up!

È quasi natale e le spese folli, per noi, per amici o per conoscenti, colleghi e parenti, sono dietro l’angolo. Molti hanno giocato d’anticipo e si sono dedicati a comperare regali per i loro cari, qua e la durante i loro viaggi, o lungo tutto lo scorrere degli scorsi mesi, capaci poi, di custodirli gelosamente fino al momento in cui finalmente li avrebbero potuto lasciare sotto l’albero. E chissà, forse nelle ore spese a cercare regali per gli altri ci siamo concessi anche qualche spesa personale, qualche regalo anticipato, perché in effetti è natale anche per noi.

Ma se siamo spendaccioni o minuziosi conservatori, se il nostro animo è quello della misurata formica o quello della spensierata cicala, dipende da noi, sì, dal nostro carattere, ma anche da quella che è stata la nostra educazione, anche in materia di temi economici.

Abbiamo già parlato in passato di come l’educazione impartita dai genitori nei confronti del denaro possa incidere, anche pesantemente, sul modo in cui i figli, un domani, percepiranno il denaro e costruiranno con esso un rapporto differente.

Continuiamo a parlare alla luce dell’ennesima ricerca fatta nel settore, questa volta per mano dello psicologo, specializzato in casi inerenti il settore finanziario, Brad Klontz, che ha, attraverso l’attenta analisi di centinaia di casi studio effettuati lungo una decina di anni, realizzato come, il nostro rapporto con i soldi sia fortemente influenzato dal modo in cui i nostri genitori ci hanno insegnato, lungo tutto il nostro periodo di crescita, a percepire gli stessi.

C’è chi demonizza il danaro e insegna ai propri figlie che le persone buone sono quelle che “accettano” quello che hanno e che non dipendono in maniera eccessiva, od ossessiva da esso. D’altro canto, anche chi insegna ai figli che lo status economico è l’unico che possa contare nella vita, sbaglia fortemente secondo lo psicologo già autore di numerosi libri riguardanti questo argomento (Financial Therapy: Theory, Research & Practice (2014), Mind Over Money (2009), spingendo in questo modo i figli a cercare, in futuro, una soddisfazione nel danaro che non potrà mai arrivare.

Chi non ha un amico malato di shopping o uno dal “braccino corto”, diventato ormai super abile nel riciclaggio di regali più o meno graditi. Inventiva, furbizia e attitudine personale, sì, ma anche educazione quindi. Non è tutta colpa nostra insomma, se, ad oggi, ancora non riusciamo ad avere nei confronti del denaro, il rapporto che vorremmo: “consideriamo le bugie che raccontiamo a noi stessi riguardo il denaro, come quella che se non siamo ricchi è solo perché siamo pigri, non siamo capaci o siamo stupidi. Ma è davvero così?”

Se, come suggerisce di fare Klontz, pensiamo a quali possano essere le cause per le quali non riusciamo a mettere da parte quanto vorremmo, le cause non possono essere troppe o troppo complicate: “o spendiamo troppo o non riusciamo a risparmiare abbastanza sulle cose, ma non è difficile pensare che, più si spende, meno soldi si avranno a disposizione”.

In che modo allora capire come possiamo migliorare il nostro status economico? Pensando ad esempio a come questo possa essere fortemente condizionato da ciò che, a livello generale, vogliamo essere nella nostra vita, per noi e per gli altri.

Siamo sempre fortemente condizionati, nel nostro essere e nei nostri comportamenti, dall’idea che costruiamo di noi stessi, e mentre cresciamo e ci rapportiamo alla vita nelle sue diverse sfaccettature, in maniera più o meno conscia, trasliamo i nostri comportamenti in modo che siano sempre, il più possibile il linea con quell’immagine di noi che vogliamo trasmettere o quell’ideale personale che ci siamo prefissati.

Pensate alle vostre prime esperienze con il danaro o cosa vostra madre o vostro padre, vi hanno raccontato, o trasmesso di esso”. Le stesse disavventure economiche di genitori o conoscenti possono influire pesantemente sul nostro rapporto con le spese e con i risparmi.

La felicità, la serenità e la soddisfazione non si possono sicuramente comprare, questo non vuol dire che il denaro debba essere visto come un qualcosa di inutile o addirittura dannoso al nostro benessere alla nostra vita.

Allo stesso modo, si dovrebbe evitare, secondo Klontz di cadere vittime di quei pregiudizi che sostengono che tutte le persone ricche o benestanti abbiano raggiunto il loro status, grazie ad imbrogli, inganni e che quindi rappresentino un genere di persona non solo da tenere alla larga ma anche fortemente in contrasto con quel voler essere “dalla parte giusta” che riguarda tutti noi.

Occhio quindi alle spese e alle uscite, ma occhio anche ai nostri bisogni e ai nostri desideri. Accontentarsi, significa prima di tutto, renderci contenti, e se questo comporta una piccola spesa imprevista, uno piccolo sforare del budget che ci eravamo prefissati, non sentiamoci troppo in colpa. In fondo è anche un po’ colpa di mamma e papà.