Come e perché è importante scontare la pena detentiva

Di Martina Naccarato per Social Up!

Quello delle condizioni delle carceri italiane è senza dubbio, un tema davvero molto scottante: ecco perché, innanzitutto, è necessario, nonché doveroso, prendere coscienza dell’inadeguatezza logistica in cui versa la maggior parte dei penitenziari italiani, dove spesso si ledono quelli che sono i diritti fondamentali della persona. Non di rado, infatti, vengono violati anche i diritti riconosciuti nell’articolo 27 della Costituzione italiana, che recita così:

“La responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra”.

Per affrontare in maniera più dettagliata e consapevole questo delicatissimo argomento, Social Up ha intervistato un ragazzo che si è gentilmente offerto di condividere con noi e con i nostri lettori la sua difficile e dolorosa esperienza vissuta all’interno del carcere. Ovviamente, per questioni di riservatezza, ci limiteremo a chiamare il nostro intervistato Stefano, e non entreremo in alcun modo nel dettaglio della sua vicenda personale.

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Che ruolo hanno i familiari e gli amici in questa vicenda?

Nel mio specifico caso, purtroppo, i familiari non hanno un ruolo particolarmente rilevante, infatti, mia madre, di tanto in tanto, si limita a contribuire ad alcune delle mie spese prestandomi del denaro. Mio figlio invece è l’unica persona che mi dà la forza di andare avanti, combattere, e a volte, perfino di sorridere. Visto il momento difficile che sto vivendo, gli amici, che ormai non hanno più nessun interesse a starmi vicino, ahimé, mi hanno abbandonato quasi tutti, solo i più cari sono rimasti al mio fianco.

Come ha vissuto l’attesa del processo?

Beh, ho cercato di viverla nella maniera più serena possibile, sperando che i giudici studiassero approfonditamente il mio singolo caso ed agissero con giustizia. Chiaramente, non posso dire che sia stato facile rimanere piuttosto calmo e riporre fiducia nelle Istituzioni.

A proposito di quanto ha appena affermato, quali sono le Istituzioni che l’hanno aiutata maggiormente durante tutto il corso della vicenda?

L’unico ente che mi ha veramente aiutato in quel particolare periodo, è stato il SERT- servizi per la tossicodipendenza che mi ha permesso d’intraprendere un breve percorso di rieducazione e reinserimento, permettendomi di lavorare qualche giorno a settimana, seppur per poche ore.

Che importanza attribuisce al reinserimento dei detenuti nella società?

A mio avviso, la funzione  di reinserimento dei detenuti all’interno della società è indubbiamente la più conforme all’articolo 27 della nostra Costituzione. Ritengo inoltre che il reinserimento nella società sia fondamentale per evitare che, una volta tornati in libertà, i condannati si sentano emarginati e rifiutati e quindi, non trovando lavoro, diventino recidivi. Dovremmo fare in modo che la detenzione non sia solo una punizione fine a se stessa, ma bensì rappresenti per l’indiduo in questione una valida opportunità per migliorarsi, reintegrarsi e perché no, magari, anche redimersi ed esser pronto a vivere un futuro all’insegna dell’onesta e della serenità.

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Vivere l’esperienza della detenzione le ha cambiato la vita? Se sì, in che modo?

Di certo, quest’esperienza ha cambiato moltissimo il mio modo di essere: inizialmente ero “arrabbiato con il mondo” ed avevo tantissima voglia di riscatto. Successivamente, invece, essendo isolato dal mondo, e quindi costretto a rimanere solo con me stesso, mi son dovuto fare un attento esame di coscienza e non posso fare a meno di dire che questa è stata la “prova” più difficile che abbia mai dovuto affrontare.

Che consigli darebbe alle persone che in questo momento stanno vivendo una situazione simile a quella che ha vissuto lei?

Per quanto possa sembrare banale e scontato, il consiglio che voglio dare a tutti i lettori di Social Up, in particolar modo ai più giovani, è quello di evitare di frequentare le “cattive compagnie” e cercare di non essere attratti da ingenti somme di denaro, la cui provenienza, purtroppo, è quasi sempre legata alla malavita. Forse, oggi come oggi si commettono anche piccolissimi reati quali rubare del cibo al supermercato, per contrastare la profonda crisi economica che ha colpito il nostro Paese. Credo inoltre che la nostra società abbia veramente bisogno di recuperare quelli che da sempre sono i veri valori della vita, che al momento sembrano persi.

Esistono veramente le cosiddette leggi interne alle carceri?

Certo che sì, quella dell’esistenza di leggi interne alle strutture detentive non è affatto una leggenda metropolitana, infatti, non a caso, i condannati dicono che dove non vige la giustizia esterna è in vigore quella interna. A mio parere, è importante sapere che le leggi interne alle carceri vengono applicate nei casi in cui uno o più detenuti abbiano commesso un reato infamante, cioè un atto di violenza nei confronti di donne, bambini oppure persone anziane.

Cosa significa la parola libertà per un ex detenuto?

Che dire, permettetemi di rispondere con una breve frase che, secondo me, racchiude in sè il concetto di libertà: «Chi galera non prova libertà non apprezza», questo proverbio molto noto ai carcerati ci fa capire quanto la libertà sia un dono immenso, che molto spesso, tantissime persone tendono a dare per scontato. Chi invece, per un qualsiasi motivo è stato rinchiuso in un peniteziario per un lasso di tempo più o meno lungo, impara ad apprezzare ogni piccola cosa e a vivere a pieno ogni istante di agognata indipendenza.

A dispetto di ciò che è stato detto in precedenza, esistono però anche delle strutture carcerarie che si possono definire “isole felici” quella di Bollate (Milano), quella di Orvieto, la più ambita dai VIP ed infine ultima, ma non meno conosciuta, la struttura penitenziaria di Padova, all’interno della quale i detenuti hanno la possibilità d’imparare un mestiere.

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redazione