Quando la malattia psichiatrica diventa ancora più devastante

Tra tutte le branche della medicina, la psichiatria è forse quella che più affascina ed intimorisce allo stesso tempo, per una molteplicità di ragioni: la prima, è il giudizio che si tende ad avere nei confronti dello psichiatra, che fino a mezzo secolo fa veniva considerato un taumaturgo, un mago, uno scaccia-demoni; la seconda, invece, potrebbe consistere nella natura, nei sintomi e nei segni delle malattie psichiatriche. Esiste, infatti, una differenza abissale tra un  malato neurologico, come un epilettico, che nonostante il disturbo riesce a condurre una vita più o meno normale, a condizione che l’epilessia non sia accompagnata da ritardo mentale, ed un malato psichiatrico grave, come uno schizofrenico che non può assolutamente vivere in maniera autonoma e, dunque, necessita di un’assistenza rigida e costante.

I pazienti che presentano disturbi psichiatrici, purtroppo, sono stati da sempre vittime non soltanto della malattia stessa, che può in alcuni casi portarli al delirio o alla perdita di contatto con la realtà, ma anche di quella che si potrebbe definire “incompetenza medica”:non di rado, infatti, si sente parlare di malati psichiatrici e neurologici, come ad esempio pazienti Alzheimer o Parkinson, che vengono maltrattati da coloro che invece dovrebbero avere a cuore la loro salute. Accanto all’errore medico, non bisogna dimenticare il ruolo negativo giocato dall’emarginazione. Fino a poco tempo fa, il reparto di psichiatria fnon si trovava all’interno degli ospedali, al pari degli altri reparti, poiché i malati in questione erano definiti folli, pazzi e, pertanto, si credeva fosse necessario isolargli dagli altri e curarli in strutture a parte: i manicomi. Quest’ultimi spesso si dimostravano luoghi macabri e non solo a livello estetico,macabri come gli animi di coloro che, ancora oggi, trattano i malati psichiatrici come oggetti o morti viventi da legare ai letti ed abbandonare.

Lo psichiatra svizzero Binswanger, in uno dei suoi scritti, ha spiegato chiaramente che

“noi non comprendiamo nulla della follia finchè ci comportiamo di fronte al folle come soggetti disinteressati, o che è lo stesso, consideriamo il folle semplicemente come oggetto”

Quindi, perchè non si cerca di dare voce a queste persone, provando, se è possibile, a restituirgli quella felicità che la malattia stessa gli sottrae? A fare questo è stato il Rems di Ceccano, che ha dato vita ad una squadra di calcio composta esclusivamente da pazienti psichiatrici, i quali hanno avuto la possibilità di giocare contro altre squadre in Giappone. Il capitano di questa “nazionale dei malati di mente”, anch’egli ex malato psichiatrico, spiega che:

“quando si vedono queste realtà, queste persone, si comprende che ognuno ha la propria storia e che, non si sa perchè, la gente definisce matte queste persone perchè hanno avuto storie difficili e, purtroppo, sono diventati quello che sono”

Una delle sale del Museo della Mente, allestito nei locali dell’ex Manicomio di Santa Maria della Pietà, a Roma

Un altro ragazzo della squadra, con problemi di psicosi, afferma invece di aver subito “scherzi molto pesanti alle superiori, di essere stato vittima di bullismo” , concludendo che “questi fenomeni sociali andrebbero sradicati dalla società, perchè le persone deboli ne soffrono”. Dunque, prima di definire un uomo matto, bisognerebbe comprendere le cause che lo hanno portato alla sua condizione, bisognerebbe conoscerne la storia e smetterla di osservarlo come un mostro, un possibile assassino, perchè dietro i suoi occhi vuoti, le sue urla mute senza eco, i suoi gesti disperati si nascondo la voglia di tornare come prima o, ancora, la rabbia contro una vita ingiusta. La discriminazione di un malato psichiatrico è un ulteriore colpo inflitto ad un uomo già ferito più e più volte dalla vita, qualcosa che può rendere la sua condizione ancora più devastante.