La nostalgia degli anni Novanta: un tuffo nei ricordi

Da qualche anno è scoppiata una guerra difficile da comprendere e spiegare: i giovani tra i 25 ed i 35 anni, contro i nati nel terzo millennio. La società li (ci!) raggruppa tutti in un’unica generazione, quella dei millenial, ma i più “vecchi” non ci stanno. Sembra infatti che chi ha vissuto la propria adolescenza negli anni Novanta non abbia nulla in comune con i nativi digitali e che in dieci anni siano cambiati del tutto gli usi ed i costumi dei ragazzi. Certamente abbiamo assistito ad una rivoluzione non solo tecnologica, ma anche sociale, che in pochissimo tempo ha cancellato cose che allora sembravano dover resistere per sempre. E per far aumentare la vostra nostalgia degli anni Novanta, abbiamo pensato di fare un tuffo nei ricordi fra le cose che abbiamo amato e che non torneranno mai più.

Il telefono fisso

Qualcuno sicuramente lo ha ancora, ma dite la verità: lo usate soltanto per mandare a quel paese gli operatori del call center o per ricevere le telefonate di vecchi parenti che ancora non si sono arresi alla telefonia mobile. Una volta invece quello era l’unico mezzo per comunicare con il mondo, perché sms e telefonate da cellulare costavano quanto un polmone sul mercato nero degli organi, per non parlare dei costi proibitivi dei cellulari stessi. Il numero era registrato su una rubrica cartacea, oppure andava cercato sulle pagine gialle, sperando di indovinare il Mario Rossi giusto. Prima di digitare le cifre, si pregava affinché non rispondessero i genitori (se il ragazzo chiamava a casa della ragazza che gli faceva battere il cuore, ma rispondeva il padre di lei, il riaggancio della cornetta era quotato 1:1).

Il telefono cellulare

Il top era lo schermo colorato (che è diverso dallo schermo a colori!), le suonerie polifoniche (ma andava bene qualsiasi cosa diversa dal classico squillo) e qualche gioco per ammazzare il tempo. L’uso principale che ne veniva fatto erano i famosi squilli, che potevano significare tante cose ed ognuno li interpretava a proprio piacimento. Il significato più comune era “ti sto pensando” e non rispondere ad uno squillo con almeno un altro squillo poteva essere la causa di rottura di amicizie iniziate nell’infanzia. Poi sono arrivati i primi sms gratis verso numeri dello stesso operatore, che fra gli altri hanno avuto il merito di dividere intere compagnie in gruppi separati che smettevano d’un tratto di comunicare fra loro, a meno che non ci fosse lo spendaccione di turno che si sacrificava ad avvisare un componente del fronte opposto, spendendo ben 15 centesimi di euro. La generazione degli sms a pagamento ha il demerito di aver dato vita all’uso spropositato di k ed x ed all’abolizione della punteggiatura: pur di non sprecare un messaggio per una singola lettera si preferiva passare per analfabeti (e comunque il punto alla fine della frase significava “sono arrabbiato”).

I luoghi di ritrovo

Darsi appuntamento implicava conoscere benissimo la propria città o quartiere. Bisognava individuare una panchina, un albero particolare o un muretto, decidere poi un orario e presentarsi puntuali. Spesso il problema era che altre 20 persone sceglievano lo stesso luogo di ritrovo e lì le alternative erano due: o prendere il coraggio a due mani e sedersi sulla stessa panchina con uno sconosciuto o percorrere la strada che avrebbe preso l’altra persona per andargli incontro. Una volta incontrate, poi, le persone condividevano le proprie esperienze attraverso il dialogo e non con un post su Facebook.

Per ora ci fermiamo qui, ma come ben sapete le cose che ci fanno sentire la nostalgia degli anni Novanta sono tantissime. Quali sono i vostri ricordi preferiti? Fatecelo sapere con un commento!

Emilia Granito