Nicole Kidman – Vita da star in un gioco di specchi

Ora che è stata tutte le donne che ha interpretato, ha suggellato la sua indiscussa bravura. Ora che la sua immagine è diventata un riassunto caleidoscopico di tante bellezze, Nicole Kidman ricompone dai frantumi di specchio del passato un nuovo volto affidandogli il fascino dell’ultimo ruolo: quello della bellezza immortale.

Non importa se questa BELLEZZA un poco sbiadita non risplenda ancora come quella regale, raffinata e algida raffigurata nel ruolo della principessa nel film” Grace Kelly”: quella era BELLEZZA a sovrapposizione di quella patinata, quasi irreale e di sicuro trionfante, esibita nell’estetismo estremo della fiabesca trama de ”La donna perfetta”. BELLEZZA a sua volta per miracolo scampata ai disastri del lifting che l’avrebbero resa inutile e grottesca. Tutto il contrario della BELLEZZA naturale, aggressiva e abbagliante che s’impose tra i ciak del film ”Giorni di tuono”.
Era il 1990 e quell’attricetta alle soglie dei ventitré anni, incantava per le sue fattezze disegnate lungo un corpo delicatamente sexy su cui svettava un viso angelico dai perfetti lineamenti. Il suo ovale dall’incarnato chiaro era trapunto da due occhi splendenti come gocce azzurre prima di esplodere nel fragoroso rosso dorato dei suoi riccioli.

Una figura luminosa che non vestiva i mezzi colori dell’indecisione quando si presentò sul set al cospetto dell’acclamato e splendido splendente Tom Cruise.
Cominciò così, non per caso, l’avventura cinematografica di quella ragazza australiana, nata a Honolulu nel 1967, che dunque poco tempo dopo sposò l’affermato divo. Si trasferì così, anche per ovvie ragioni artistiche, negli Usa dopo aver girato l’anno prima nella madre patria il film ”Ore dieci calma piatta”, e avendo interpretato un ruolo minore nell’intenso e drammatico ”Flirting”.
La Mecca del cinema si dischiuse per lei e subito apparve in una piccola parte nel gangster movie ”Billy Bathgate”, accanto a Dustin Hoffman” e complici anche due scene di nudo quasi integrale che esaltavano la sua avvenenza, ottenne la nomination al Golden Globe per la miglior attrice non protagonista.
Si ritrovò per la prima volta assieme al marito per interpretare le avventurose vicissitudini di ”Cuori ribelli” e da quel momento anch’essa entrò a pieno titolo nel novero delle star a formare, assieme a Tom, la coppia più bella del mondo nell’universo del cinema.

La sua raffinata successiva perfomance nel film ”Ritratto di signora” fu la prima avvisaglia delle sue non comuni capacità recitative. A questo punto Stanley Kubrick, geniale precursore ma anche severo maestro nel concepire l’arte cinematografica, pensò bene di rimettere assieme la coppia come protagonisti dell’inquietante, discusso e scandaloso ”Eyes Wide Shut”. Questo film segnò per sempre la vita privata della coppia (di lì a poco il loro divorzio) e paradossalmente divenne una svolta nella vita professionale di lei, portandola dopo a inanellare una serie di soddisfacenti successi personali culminati con il sorprendente e magistrale adattamento in ruoli difficili e complicati.
Nicole Kidman, si riscopre eclettica come l’acclamata cantante-ballerina, sentimentale e fragile in “Moulin Rouge”; rende palpabili le ansie di una madre consapevole e protettiva oltre la vita in “The Others”, ed entra in simbiosi col difficile personaggio di Virginia Woolf tratteggiandone anche le specifiche fattezze fisiche in “The Hours”. Per quest’ultimo film vince l’Oscar come miglior attrice protagonista nel 2003.

La striscia vincente di eccellenti interpretazioni prosegue con la straordinaria caratterizzazione di Grace nel fosco “Dogville” di Lars Von Trier; si rafforza col difficile personaggio di Ada nel cruento ”Ritorno a Could Mountain” aggiungendosi alla notevole capacità di rendere leggibile la fragilità femminile duettando di pari passo con l’intenso Anthony Hopkins nella cerebrale vicenda de ”La macchia umana”. Dopo la parentesi apparentemente leggera di ”La donna perfetta”, Nicole si districa da par suo fra lo scandaloso ”Bitrh-io sono Sean” e il tenero ”Fur, un ritratto immaginario di Diane Arbus”.
Quello che per molte era stato un punto di arrivo, divenne un altro di partenza, poiché da quel 2007, che doveva diventare il suo viale del tramonto, l’infaticabile signora ormai quarantenne si lanciò spavalda nei gorghi di film sempre più diversi tra loro mescolando tragedia, ironia, fantasy, tra i quali spiccano una leggera apparizione in ”Mia moglie per finta” a compendio tra l’angoscioso ”Rabbitt Hole” e il rutilante kolossal ”Australia”.
In tutto questo frattempo però, da donna intelligente e accorta si è ritagliato uno spazio alternativo finanziando progetti artistici e promuovendo campagne di solidarietà. Tuttavia, ancora oggi, in qualsiasi versione appaia, non si può fare a meno di indugiare su una sua caratteristica inalterabile: lo sguardo. Quasi severo e indagatore ma intenso, profondo che ammalia con i suoi occhi blu, esprime il ricordo di tutte le immense passioni, i forti sentimenti, le scelte difficili e le gioie sincere che hanno ondeggiato, sospinte dal vento della vita, sull’oceano di un’esistenza difficile. Chi come lei ha voluto ad ogni costo dei figli, naturali, adottivi o da madre surrogata che siano, non può non desiderare che il loro destino sia limpido, come lo specchio d’acqua della loro adolescenza.
E siccome le stelle stanno a guardare, da lassù nel cielo hollywoodiano, tutte insieme ammireranno lo scintillio di questa supernova capace di bucare il bianco dello schermo, così come di trapuntare d’argento lo sconfinato nero dell’ universo cinematografico.

 

Vincenzo Filippo Bumbica