Milan, uno strazio senza fine?

La domenica è un giorno speciale per gli appassionati pallonari  dello stivale. Un giorno nel quale tutti i pensieri, le ansie e le  preoccupazioni della solita routine quotidiana, scandita dai rimproveri del capo ufficio o da quelli di mogli e fidanzate, spariscono per almeno novanta minuti, lasciando spazio alla passione, al tifo e alle urla per la propria squadra del cuore. Ecco, questo giorno sembra essere diventato quasi una tortura per i tifosi milanisti, da due anni a questa parte. La squadra che imperversava in un lungo e in largo, in Italia e in Europa, conquistando coppe, trionfi e gloria, sembra essersi dissolta nel nulla. Il Milan, una volta gigante, si riscopre oggi piccolo piccolo. Un’inversione di tendenza netta, frutto del tragico ridimensionamento economico operato da una società la quale, un po’ per necessità e un po’ per piena volontà, ha dovuto stravolgere sogni e ambizioni di un club che adesso sembra essere capace solo di guardare al passato. Le esaltanti dichiarazioni dopo la vittoria del 18° tricolore, datate 2011, sembrano preistoria. La gioia incontenibile, i cori da stadio  e il suono inconfondibile dello champagne stappato negli spogliatoi dello stadio Olimpico la notte dell’8 maggio, hanno lasciato spazio a dichiarazioni anacronistiche, e tratti schizofreniche, da parte dell’amministratore delegato Adriano Galliani il quale, improvvisandosi Pagnoncelli, non fa altro che snocciolare numeri e statistiche vuote, che dovrebbero rendere meno amara la pillola che i tifosi rossoneri sono costretti ad ingoiare ogni maledetta domenica. D’altronde, sembra davvero difficile biasimarli. In questi ventinove anni di presidenza Berlusconi, i tifosi del diavolo sono stati abituati non solo alle vittorie, ma anche a prestazioni tecniche di livello piuttosto elevato e a campioni di assoluto spessore internazionale. È quantomeno complicato accettare che la linea mediana del campo, una volta calpestata dai piedi magistrali di  Pirlo, Seedorf e Rijkaard, sia stata barbaricamente impossessata dai vari Essien, Muntari e Van Ginkel. Senza alcun rispetto, senza alcun ritegno. Ancora più arduo è accettare l’assegnazione della fascia di capitano a gente come Montolivo o Mexes, con motivazioni differenti. Il primo per una naturale mancanza di leadership e per un carisma di Bersaniana memoria. Il secondo per un’assoluta mancanza di stile, sia estetico che comportamentale. Due aspetti che stavano molto a cuore al vecchio patron rossonero. Sì, stavano. L’imperfetto è d’obbligo. Tutte queste grosse mancanze tecniche e di stile, non sono altro che frutto di un lento, graduale ed inesorabile disinteresse da parte del N°1 rossonero. Le discese in elicottero sul prato di Milanello di qualche settimana fa, sembravano scimmiottare quelle gloriose che avvenivano quasi quotidianamente durante gli anni ottanta e novanta. Quegli “Hip, hip, urrà!” per squadra e allenatore riecheggiano fastidiosamente nella mente dei tifosi milanisti costretti, per la terza stagione di fila, a cercare la luce in fondo ad un tunnel che sembra essere infinito. Proprio per questo, ci vuole più coraggio a restare che ad andarsene. Le voci di una probabile cessione del club si susseguono ormai da settimane. Cinesi, Thailandesi, imperatori delle comunicazioni o bibitari miliardari. I tifosi rossoneri sono pronti a tutto, purché questo scempio sportivo finisca. Purché la luce in fondo al tunnel possa cominciare a intravedersi.

– Alessio Bonesoli
@bonesoli
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