Malcolm X: l’uomo dalle mille maschere

Il 21 febbraio del 1965 Malcolm X viene assassinato con ventuno colpi d’arma da fuoco mentre teneva un discorso davanti a quattrocento persone in un hotel di New York. I suoi assassini furono identificati come membri della Nazione Islamica, un controverso gruppo politico che sostiene i diritti civili dei neri e di cui Malcolm X aveva fatto parte.

Malcolm nasce il 19 maggio 1925 a Omaha in Nebraska. E per capire appieno questo controverso personaggio è importante conoscere non solo il suo passato, ma anche il contesto storico in cui è vissuto.

Ci troviamo ,quindi, negli Stati Uniti degli anni ’30-’60, in pieno regime razzista e segregazionista. In risposta a questo conflitto raziale conosciuto come problema nero’, nasce Il Movimento Nero. Tale movimento si interrogava sulla possibilità di una coesistenza tra americani ed afroamericani negli Stati Uniti. Ed i filoni che nacquero furono due: Quello degli integrazionisti (Martin Luther King jr.) e quello dei nazionalisti ( che nei casi più estremi promuovevano la separazione da quell’America bianca e sfruttatrice) che vede proprio Malcolm X come suo massimo esponente, almeno fino a quando resterà portavoce della Nazione Islamica (Nation of Islam).

Malcolm era cresciuto a Lansing in Michigan in una famiglia povera ma politicamente attiva. Quando aveva sei anni suo padre morì in circostanze poco chiare, si pensa infatti sia stato ucciso proprio a causa del suo orientamento politico. Poco dopo la madre viene ricoverata in una clinica psichiatrica ed il ragazzo, per vivere, diventa prima spacciatore, poi capo di gang di ladri ad Harlem e Detroit. Nel 1946 viene arrestato per furto e condannato ad otto anni di prigione. Qui si converte all’Islam, abbandona il fumo e il gioco d’azzardo, studia la storia degli afroamericani e insieme Erodoto, Kant, Nietzsche. Ed è proprio in prigione che avviene la “trasformazione” dal bandito spregiudicato vendicatore degli oppressi al predicatore chiamato a salvare le loro anime. Ed è sempre lì che conosce  la Nazione Islamica, un gruppo di suprematisti neri che predicava l’emancipazione dei neri attraverso un’interpretazione originale della religione islamica e,una volta rilasciato, diventò uno dei portavoce più importanti della setta di Elijah Muhammad. Un Islam sui generis, secondo cui i bianchi erano demoni, geneticamente plasmati da un malvagio scienziato chiamato Yacub, mentre i neri americani appartenevano all’antica tribù asiatica degli Shabazz ridotta in schiavitù. La Nazione dell’Islam chiedeva ai convertiti di ripudiare il cognome “da schiavi” sostituendolo con una “X”; predicava non l’integrazione ma la separazione tra bianchi e neri; vietava di partecipare al processo politico. Malcolm X ,nato infatti come Malcolm Little, elimina il suo cognome proprio perché rappresentava un’eredità dello schiavismo. Durante un’intervista spiegò: “Mio padre non conosceva il suo vero cognome. Lo ricevette da suo nonno che a sua volta lo ricevette da suo nonno che era uno schiavo e che ricevette il cognome dal suo padrone”.

Ma la sua grande fama risale ad un particolare evento accaduto nel 1957, quando Johnson Hinton, un membro della Nazione Islamica, fu picchiato e arrestato dalla polizia di New York. Malcolm X riuscì in poche ore a radunare una folla davanti alla stazione di polizia. Insieme a un avvocato chiese di vedere Hinton, ma la polizia negò di averlo in custodia. Quando le persone all’esterno della stazione di polizia diventarono centinaia, i poliziotti permisero a Malcolm X di incontrare Hinton.  Invoca la lotta armata, difende il terrorismo contro la polizia, diventa il precursore teorico delle Black Panther. Immagina una “nazione nera” che fa secessione dentro l’America, al punto da incontrarsi con esponenti del Ku Klux Klan per progettare assieme “la separazione tra le due razze“. The Nation of Islam con Malcolm X diventa “una bizzarra mescolanza di teologia, fantascienza, fanatismo razziale. Teorizza la malvagità intrinseca della razza bianca e in particolare degli ebrei, l’inferiorità delle donne“. Ma non passò molto tempo prima che Malcolm X si allontanò, fino ad uscire definitivamente dalla Nation of Islam. Per ragioni anche personali: il leader spirituale della Nation of Islam, Elijah Muhammad, mette incinta la donna con cui Malcolm aveva avuto una lunga relazione. E poi c’è il viaggio alla Mecca, l’incontro con un Islam moderato e multirazziale. Decide di convertirsi  alla fede sunnita. Questo è il “tradimento” che arma i suoi assassini. Aveva cominciato a non considerare più tutti i bianchi come dei nemici. Disse che aver visto pregare insieme dei musulmani dalla pelle scura e chiara, biondi o con i capelli neri, gli aveva insegnato nuovi modi per risolvere il problema dei diritti dei neri negli Stati Uniti. Ad aprile del 1964 cominciò un lungo viaggio in diversi paesi del mondo. E l’anno dopo il tragico avvenimento, proprio quando Malcolm comincia a recuperare il dialogo con Martin Luther King, fino allora dipinto come uno “zio Tom”, servo sciocco dei bianchi. “Ci sono cose – aveva detto Malcolm in tono sprezzante contro King – più importanti del diritto a sedersi insieme coi bianchi in un ristorante“.

Lo storico Stephen Howe, ricorda cosa fece di Malcolm X l’eroe di una generazione: “Straordinario oratore, divenne lo schermo sul quale milioni di neri proiettarono le loro speranze. Aveva molto degli improvvisatori di musica jazz, anticipò i futuri rapper. Incarnava il mito del fuorilegge vendicatore, in una società di neri senza diritti“. Artista della reinvenzione di se stesso, Marable lo descrive come una costruzione di “maschere multiple“: da zotico di provincia a delinquente, da uomo di spettacolo a intellettuale autodidatta, esponente radicale del nazionalismo nero, predicatore religioso, musulmano ortodosso. Acerrimo rivale di Martin Luther King, poi sul punto di riconciliarsi con lui: firmando così la propria condanna a morte.

Martin Luther King, a differenza di Malcolm X, apparteneva alla piccola borghesia nera di Atlanta, mentre Malcolm faceva parte delle “masse povere”, i cosiddetti cats in the streets. Una differenza rilevante che ha inciso , in primo luogo, sul pubblico a cui essi si sono rivolti . King, infatti,  di provenienza borghese, non riuscì mai davvero a coinvolgere le masse nere; esse si sentivano maggiormente rappresentate da Malcolm in quanto in lui riuscivano ad identificarsi. Lo consideravano “uno di loro”.

La vicinanza di Malcolm con gli strati più poveri della comunità nera, ideale ma anche biografica, si evince anche dal suo linguaggio: il lessico è simile a quello usato dai cats, e questo gli permise di raggiungerli in maniera davvero efficace e diretta.

Siamo intrappolati in un circolo vizioso di morte economica, intellettuale, sociale e politica. Lavori di livello inferiore, alloggi di livello inferiore, istruzione di livello inferiore che a sua volta condurrà a lavori di qualità inferiore”. Malcolm X

Ma le differenze con King erano molte, quest’ultimo credeva fortemente nelle istituzioni americane, e nei valori da esse espressi. Riteneva che il razzismo fosse semplicemente un “male morale” diffuso nella società americana. Malcolm X, invece, non credeva nel Sogno di King: in più di un’occasione arrivò anzi a definirlo l’Incubo americano. Nella sua visione, il problema del razzismo in America non era solamente frutto di ignoranza, ma era la conseguenza di una “nuova schiavitù” subita dai neri negli Stati Uniti. Per Malcolm la soluzione del problema nero non poteva limitarsi ad un semplice processo di moralizzazione, ma doveva colpire e modificare radicalmente l’intero sistema americano, basato sullo sfruttamento e legittimato dal razzismo.

Malcolm promosse quindi l’autodifesa: “Le tattiche impregnate esclusivamente sulla moralità possono essere efficaci solo quando stai trattando con gente che è morale o un sistema morale. Un uomo o un sistema che opprime un uomo a causa del suo colore non è morale”.

Ma l’altra ragione per la quale Malcolm è a favore del metodo dell’autodifesa è il diritto alla vita, sancito dalla stessa Costituzione degli Stati Uniti .Dal quale discende, sostiene Malcolm, il diritto a difendere la propria persona in situazioni di pericolo.

L’autodifesa sarebbe allora un diritto di tutti gli individui, quindi anche dei neri, in quanto esseri umani: “in quelle aree in cui il governo non può o non vuole proteggere la vita e le proprietà della nostra gente, la nostra gente è nel diritto di proteggere se stessa con ogni mezzo necessario”.

Malcolm ribadì più volte di non essere a favore della violenza gratuita, limitandosi a criticare le posizioni non violente come inadatte al contesto socio-politico-economico di sfruttamento e di “colonialismo interno”.

Non si può separare la pace dalla libertà perché chi non è libero non può essere in pace”.

Non arrivò mai ad immaginare bianchi e neri impegnati in una causa comune. Ciononostante negli ultimi anni della sua vita, intraprese una visione aperta sulla possibilità per i bianchi di essere in qualche modo utili alla causa nera: «Se dei bianchi vogliono aiutare, possono farlo. Ma non possono aderire. Così, non mettiamo in dubbio la loro sincerità, non mettiamo in dubbio le loro ragioni, non mettiamo in dubbio la loro integrità. Li incoraggiamo solo a usarle altrove, nella comunità bianca. Se possono usare tutta questa sincerità nella comunità bianca per far sì che la comunità bianca si comporti meglio nei nostri confronti, allora diremo: “Questi sono dei bravi bianchi”».

L’affermarsi di una visione internazionalista consentì a Malcolm di abbracciare la prospettiva dell’universalismo dei diritti a partire dalla logica “oppressi-oppressori”, ben al di là del caso americano.

Se non state attenti, i media vi faranno odiare le persone che vengono oppresse e amare quelle che opprimono”.

Questo controverso personaggio potrebbe rappresentare un esempio da seguire se studiato correttamente. Seguendo il  percorso che l’ha portato a ridefinire i suoi ideali violenti ,frutto di una mente chiusa e poco colta. Mai come ora tematiche attuali. È automatico infatti il paragone con la nostra società, la paura del diverso, l’emarginazione di popoli che non sono come noi. Se è vero che spesso gli stereotipi sono il frutto della storia e delle società, è anche vero che è possibile nutrire pregiudizi anche nei confronti di gruppi dei quali non si sa assolutamente nulla. Il solo percepire una persona come appartenente ad un altro gruppo, porta infatti, a sentimenti di diffidenza e di ostilità. I temi del nazionalismo esasperato e del razzismo oggi sono più attuali che mai e devono essere combattuti nell’unico modo possibile: riconoscendo i diritti dell’uomo e promuovendo la sua autodeterminazione attraverso il lavoro e l’istruzione.

Malcolm X è stato “cantato” da scrittori e poeti, da rapper come Public Enemy e Gang Starr, per non parlare del film di Spike Lee. Nel 1992 l’84% degli afroamericani tra i 15 e i 24 anni lo descrivevano come un eroe. Nel 1999, le poste degli Stati Uniti gli dedicarono un francobollo. Per questo è importante non tanto ricordare Malcolm X quanto chiedersi chi era, scavare nella sua storia e comprendere i meccanismi che l’hanno spinto ad agire, a migliorare ampliando le sue conoscenze e di conseguenza a contraddirsi cercando un approccio più moderato per far sentire la sua voce.

Francesca Valentina Troiano