Lupus in vita: come è cambiata

“Lupus eritematoso sistemico”… ogni volta che provo a pronunciare questo nome un lupo, in qualche parte del mondo, perde pure il vizio. Ma, grazie all’ acronimo, potrò semplificarmi la vita chiamandolo LES o Lupus.
Oggi parlerò di questa bizzarra malattia che mi affligge da quando ho diciotto anni circa (qualche mese prima a dire il vero) e di come la vita può stravolgersi da un giorno all’altro.
Come dicevo, era il lontano 2010, e da lì a poco avrei compiuto la maggiore età. Era una calda estate e quell’anno, come quasi tutti gli anni, decisi di passare una giornata all’acquapark. Quella giornata fu brutta per tanti aspetti, ma il peggiore fu sicuramente la scottatura in pieno volto che non passò per molto tempo. Difatti, in un secondo momento, quando il resto del viso era ormai sbiancato, mi accorsi di una cosa particolare: una macchia rossa, somigliante ad una brutta ustione da sole, che partiva da una guancia fino all’altra passando per il naso. Questo è uno dei sintomi più evidenti: l’eritema a farfalla.
Successivamente, come pure in precedenza, passai più tempo a dormire che  a stare sveglio perché, oltre che avere la pressione bassissima, e non riuscire a stare in piedi, avevo continuamente carenza di forza nelle gambe (spossatezza).
La “fortuna” volle che questi sintomi più comuni non fossero gli unici: poiché portavo da molto temo i capelli lunghi, “decisi” di perderli tutti e di rimanere stempiato a macchie. Un po’ come Pongo, ma il mio testone faceva molta più figura.
I miei capelli mi abbandonarono definitivamente in periodo post estivo, quindi passai al cappellino. Divenne quasi un amico per me: lo mettevo al mattino, e lo levavo la sera.
Non starò qui a dire come si è arrivati alla conclusione che tutto questo fosse il lupus perché sarebbe inutile e noioso. Bisogna solo sapere che quando non ci si sente in forma per un lungo periodo, o il corpo manifesta qualcosa di anomalo, è bene fare dei semplici esami al sangue, e consultare il proprio medico curante.
Il periodo scolastico fu un calvario per me: avevo sviluppato una forte gastrite, ed anche l’agorafobia. Passavo le lezioni tra mal di pancia e paura di essere troppo lontano dalla mia tranquillità: la mia casa. Suppongo che possa capire queste sensazioni solo chi le ha vissute. Ciò nonostante il periodo scolastico è stato anche quello che di maggiore aiuto: i compagni sono degli ottimi psicologi e la società, anche nel suo disinteresse, può aiutarti. Gli amici in classe, oltre che a trattarmi normalmente, mi hanno anche spronato a togliere quel cappellino e non fare caso alla mia pseudo calvizia (uscito da scuola lo rimettevo, ma piano piano, col ricrescere dei capelli, lo tolsi del tutto), e, paradossalmente, l’estenuante chiedere informazioni sulla mia patologia mi portarono a comprenderla, accettarla, interiorizzarla, e a capire che “in fondo posso vivere una vita tranquilla”.
Metà di quell’anno scolastico fu praticamente perso tra assenze fisiche e assenze mentali e per questo i professori decisero comunque di rimandarmi in qualche materia. I professori più stronzi sembravano fregarsene altamente della mia situazione, anche perché, dopo aver cominciato la cura, mi presentavo “normale” e venivo trattato come tale. Non ringrazierò mai abbastanza per questo atteggiamento, perché non c’è peggior modo di farmi pesare una malattia, che trattarmi come un malato.
Proprio riguardo questo, uno dei punti più rivoluzionati della mia vita fu il cambio d’atteggiamento dei familiari nei miei confronti: sono stato sempre un ragazzo “vivace” e poco ligio al dovere di studente, di conseguenza, spesso venivo punito e non erano pochi i battibecchi con i miei genitori. Ma, come per magia, tutti diventarono tolleranti e buoni, e quando compresi il perché mi sentii un debole avvolto da ipocrisia e falsità.
Ho avuto anche il “piacere” di incontrare un datore di lavoro talmente stupido da sembrare intelligente al quale ho dovuto spiegare almeno dieci volte in poche ore che non potevo stare per alcuna ragione al sole. Fortunatamente si trattava solo di uno stage e quindi ho potuto salutare con un addio quel cerebroleso. Così capii davvero che la scelta del lavoro “ideale” si restrinse drasticamente a lavori esclusivamente al chiuso, e che non richiedevano la leva militare (impossibile data la non idoneità fisica).
Sono un ragazzo a cui piace divertirsi, e se potessi starei tutto il giorno tra cazzeggio, uscite, e PlayStation per cui la limitazione lavorativa mi diede molto fastidio ma mai quanto la rinuncia a qualcosa di sacro per noi siciliani: il mare ed il sole.
Da quando scoprii di avere il Lupus, cominciai una cura a base di cortisone da 12,5 mg al giorno, che oltre a procurarmi una gran fame (addio dieta), mi dovette far rinunciare del tutto al sole, che ho sempre amato. Il cortisone infatti avrebbe macchiato la mia pelle se fosse stata esposta al sole per molto tempo. La soluzione a questo problema fu:
-protezione 50 in ogni parte del corpo, anche le orecchie
-cabina al mare sponsorizzata dalla famiglia della mia fidanzata
-bagno da 15 minuti alle 18.30
-aver rovinato già tre estati alla mia fidanzata
Inutile aggiungere che il divertimento e il relax di una volta sparirono per sempre. Andare al mare, divenne presto un peso, e un “regalo” da fare alla mia ragazza per poterle permettere di andare al mare e vederci ugualmente.
Il primo maggio, il 25 aprile, pasquetta, ferragosto, campeggi, gite, escursioni, passeggiate sul lungomare, giri in bici al mattino, e tutto ciò che è fatto in estate e al sole divennero solo un sogno. Le mie estati divennero un mix tra grandi centri commerciali, passeggiate notturne e PlayStation.
Nonostante il voler tornare a fare una vita tranquilla, nonostante i problemi e i continui esami a cadenza semestrale, ciò che fin ora riesce a farmi andare avanti felicemente è il concentrarmi su ciò che posso fare e vedere, ricordandomi sempre quello che invece ho perso, così da godermi fino in fondo tutto ciò che posso fare mio.
-Davide Chittari

 

Davide Chittari