L’età d’oro dello spettacolo italiano e le sue sfavillanti bellezze

Stresa, 28 settembre dell’anno di grazia 1947: sullo sfondo di una semplice scenografia intonata a un sobrio chiaroscuro, sfilano in passerella esibendo i loro sorrisi più o meno ingenui o maliziosi le fresche, sognanti e immacolate partecipanti al concorso di bellezza Miss Italia.

Ognuna di esse rappresenta una regione, se stessa e un modo diverso di essere bella. Vince, quasi a sorpresa, una ragazza d’incantevole espressività: la flessuosa milanese Lucia Borloni (diventata poi Bosè) commessa della rinomata pasticceria Galli dove bazzicava Luchino Visconti che da regista per antonomasia cultore dell’estetica, le aveva già messo gli occhi addosso. Al secondo posto si classifica, anche in virtù della beltà dei suoi occhi verdi ridenti e fuggitivi, la passionale calabrese Gianna Maria Canale. Sul podio sale anche la ciociara Luigia(Gina) Lollobrigida, classica esponente del doppio volto della seduzione: genuina e ambigua. Damigelle d’onore della sfolgorante parata saranno la raffinata Eleonora Rossi Drago, che con la sua elegante figura diventerà la signora dal fascino sofisticato e la conturbante Silvana Mangano, una donna dall’inquietante avvenenza destinata poi a interpretarla anche nei suoi più misteriosi risvolti.

Da quel giorno niente sarà come prima e le loro splendide fattezze troveranno nei set cinematografici il luogo ideale dove risplendere.

Questa tendenza che già l’anno prima aveva germogliato uno splendido bocciolo di rosa quale la prorompente Silvana Pampanini, dunque si confermò allargandosi a dismisura  nella successiva edizione: la dura selezione a cui erano sottoposte le aspiranti reginette poteva essere il cavallo di Troia per sfondare nell’affollato e difficile mondo dello spettacolo.

Nel frattempo viene coniato per un certo tipo di donne, il termine “Maggiorate”, a indicarne le prosperose carnalità codificate dalle misure 90-60-90 e così definite poiché provviste di un fisico molto abbondante che lascia immaginare visioni mozzafiato e disegna curve pericolose esponendo gli uomini al rischio di clamorose sbandate.

Oltre alla succitata Pampanini, fanno parte di questa categoria la vessillifera della straripante bellezza napoletana Sofia Scicolone, l’inimitabile icona del cinema italiana una volta diventata Loren; la burrosa e finta oca giuliva Sandra Milo; la procace e sinuosa Marisa Allasio e, per dirla alla Fred Buscaglione, la bambola… modello centotre Abbe Lane.

L’Italia cambia e ormai risplende di tutti i colori dell’arcobaleno, esplodono gli anni sessanta e l’immaginario collettivo si nutre di altri canoni di bellezza sciorinati senza risparmio perlopiù dal pianeta cinema.

Da qui per oltre un decennio, il grande schermo si riempie di un variegato ventaglio di straordinarie belle presenze: mediterranee come la dolce Antonella Lualdi o l’aggressiva Rosanna Schiaffino; esotiche quasi a ribadire la radiosa naturalezza di Claudia Cardinale o poco consuete tipo ghiaccio bollente raffigurato da Belinda Lee; intriganti e misteriose come la torbida Lisa Gastoni; insinuanti e appariscenti  come la tentatrice Scilla Gabel; rassicuranti poiché adagiate nelle morbide forme delle quiete Rosanna Podestà, Anna Maria Ferrero e Giovanna Ralli  e al contempo provocanti come la statuaria Maria Grazia Buccella e la seducente Laura Antonelli; raffinate nei loro incarnati di porcellana appaiono Virna Lisi dagli occhi blu e Sylva Koscina splendida splendente; eleganti e leggere nelle loro movenze si distinguono le felpate Elsa Martinelli e Ilaria Occhini; acqua e sapone sono i volti di Alessandra Panaro e Lorella De Luca già diventati popolari col cinema e in seguito televisivi come vallette del “Musichiere”; cerebrali in quanto anche teatrali a svettare al di là dei loro intensi ruoli, spiccano personaggi del calibro della spirituale Mariangela Melato, dell’eclettica Monica Vitti e della consapevole Lea Massari; ribelli nell’esprimere in concreto la loro accresciuta personalità: in questo contesto spiccano l’istintiva Carla Gravina, la frusciante Stefania Sandrelli e l’irriverente Catherine Spaak.

E con loro tutte le altre attrici, che sono tante e numerose, di quella meravigliosa età dell’oro che hanno, ognuna con il suo ruolo e nella propria parte, contribuito anche a cambiare il panorama del cinema in particolare e del mondo dello spettacolo italiano in generale, con il loro modo così diverso di essere donne.

Tutto questo sarebbe successo lo stesso o forse in altro modo, ma non bisogna mai dimenticare quella spinta esemplare, emozionale e fattiva che diedero a tutto il movimento artistico le loro antesignane, le prime grandi e affascinanti dive dello spettacolo a cavallo del dopoguerra: le bellezze per tutte le stagioni. In primis l’algida e ammaliante Alida Valli che impersonò a lungo il cinematografico sogno erotico proibito per tanti italiani; poi la spigliata e ironica Isa Barzizza proveniente dal teatro di rivista dove mostrava sulla ribalta le sue notevoli grazie e che sul set affiancò in alcuni film il grande Totò: anch’egli quasi sicuramente incantato nell’ammirare sulla scena cinematografica quella seducente malafemmina patinata di biondo che era Dorian Gray (Maria Luisa Mangini) e perlomeno plaudente nel constatare l’irrefrenabile vitalità della esuberante Delia Scala (Odette Bendoni) che pur idonea alla macchina da presa, scelse prevalentemente di brillare di fronte alla lucina rossa della telecamera televisiva.

Oggi nel mondo dello spettacolo, ma soprattutto in quello del cinema si parla un altro linguaggio, si mostrano nuovi contesti illustrando diverse realtà e si raccontano storie di sentimenti diversi talvolta esprimendoli anche con l’ausilio di spettacolari effetti speciali. E’ fatale: dalla notte dei tempi non si può fermare il vento con le mani. Però il profondo significato espresso da tutte le protagoniste di quell’irripetibile periodo, affermate o meno, e al principio un po’ impacciate ma bellocce, bone e promettenti, diventate poi, a seguito di una lunga gavetta, BELLE, BUONE E BRAVE, ogni tanto dovrebbe fare compagnia non tanto ai più attempati ma alle giovani leve che a quei spontanei comportamenti potrebbero, senza perdere nulla della loro contemporaneità, tranquillamente ispirarsi.

Recitava una canzonetta di quel tempo: “Le ragazzine si picchiano coi fiori, le ragazzine si baciano coi guanti …e poi… alle signore si mandano le rose, alle signore si dicono bugie e poi…col buio gli innamorati si dicono addio.  Ecco parafrasandola, anch’io invaghito di molte di loro nel buio di una sala cinematografica ho dovuto poi abbandonarle. Quando però si sono accese le luci di sala, le ho ringraziate: per essere esistite e per avermi fatto sognare. In fondo ognuna di loro è un frammento di un puzzle che compone nella mia mente il caleidoscopico ricordo di una passione chiamata CINEMA e di un amore chiamato DONNA. Un certo tipo di cinema e un certo tipo di donna.

Vincenzo Filippo Bumbica