L’esperimento del piccolo Albert

Questo esperimento è stato condotto dallo psicologo statunitense John B. Watson e dalla sua collaboratrice Rosalie Rayner su un bimbo di 9 mesi, chiamato Albert negli anni ’20 dello scorso secolo.

Come scrive lo stesso Watson nel 1990, l’esperimento era mirato a dare risposta ai seguenti quesiti:

  • Si può condizionare un bambino affinché provi paura per un animale quando gli viene mostrato insieme ad un suono molto forte?
  • Questa paura si trasferirà anche ad altri animali o oggetti inanimati?
  • Quanto durerà la paura?

L’esperimento, per quanto poco etico, mostrò prove empiriche del riflesso condizionato (o pavloviano) negli esseri umani.

Watson condusse lo studio su Albert, un bimbo sano di 9 mesi, il quale venne selezionato in un ospedale e sottoposto a vari stimoli, come la vista di un topolino bianco, un coniglio, un cane, una scimmietta, maschere con e senza capelli, cotone, lana e giornali a cui avevano dato fuoco. Il bambino non era spaventato da nessuno di questi elementi.

Successivamente gli venne mostrato il topolino bianco, ma questa volta provocando un forte rumore alle spalle del bimbo, battendo con un martello su un pezzo di ferro, ogni volta che questi toccava l’animale.

Ripeterono questo iter per varie volte e poi mostrarono di nuovo ad Albert il topolino, questa volta senza nessun rumore. Il piccolo si mostrò subito nervoso alla sola vista dell’animale, piangendo e cercando di gattonare via. Il bimbo stava associando il rumore che l’aveva spaventato al topolino e quindi uno stimolo prima neutro era ora diventato negativo.

Albert sembrò associare il rumore, e quindi la paura, anche ad altri stimoli come un cagnolino, un coniglio e persino una maschera di babbo natale con la barba fatta di batuffoli di cotone.

La vita di Albert dopo l’esperimento

L’esperimento durò circa tre mesi, ma oggi non avrebbe molto credito date le sue mancanze, in primis quella di essere stato condotto su un solo soggetto.

Poco dopo lo studio Albert lasciò l’ospedale e Watson non ebbe il tempo di revertire la sua paura e si pensa quindi che questa sia durata per tutta la sua vita.

Tuttavia non si conosce l’identità di Albert: alcuni sostengono che fosse il figlio di un’infermiera che lavorava presso l’ospedale, altri il figlio di una nutrice o ancora il figlio di una donna che lavorava nello stesso palazzo in cui lavorava Watson. In ogni caso la madre sembrerebbe essere stata all’oscuro dell’esperimento.

Si fecero vari tentativi di scoprire la sua vera identità e venne identificato prima come Douglas Merrett, figlio di una balia dell’ospedale, ma poi si scoprì che non era lui. Si giunse poi alla conclusione che potesse essere William Barger, da tutti chiamato in familia “Albert”, nato un giorno dopo Merrett.

Chi si occupava del caso riuscì a contattare una nipote che disse di essere stata molto legata allo zio quando era in vita, e di ricordare che avesse paura dei cani, tanto che era oggetto di scherzose prese in giro dalla famiglia. 

Tuttavia non ricorda altre particolari fobie.

Inutile dire che è stato un esperimento fortemente criticato e ritenuto non etico. Grazie a questo esperimento e ad altri simili, si è giunti ad una legislazione che impedisce questo tipo di studi.

redazione