L’Epitaffio di Sicilo: la musica si fa storia

La musica, si sa, è insita nell’anima dell’essere umano fin dai tempi più remoti: dapprima con i primitivi che, seguendo il ritmo pulsante del loro cuore, tamburellavano già per le prime volte ritmicamente, i piedi a terra. Successivamente, col passare del tempo, si giunse alle canzoni ed alle melodie vere e proprie, frutto di un’incessabile attenzione ai suoni che tutti gli uomini sentono innegabilmente dentro loro stessi. Così, ”L’epitaffio di Sicilo” risulta addirittura essere la canzone più antica e completa del mondo ritrovata finora.

Il periodo è infatti quello compreso tra il secondo secolo avanti Cristo ed il primo dopo Cristo. La composizione, così antica, si è mantenuta nel tempo piuttosto integra e proprio per questo rappresenta un documento dall’inestimabile valore, portatore di un’antica memoria collettiva. L’epitaffio di Sicilo è addirittura corredato da una serie di note musicali che ci permettono, ancora oggi, di indicare il tempo e la melodia della composizione stessa: un bel traguardo ed una gioisa scoperta, pensare di poter ascoltare una canzone ”dal passato” direttamente interpretando questi segni antichi. Il testo, posto su di una stele, è inoltre diviso in tre parti così suddivisibili: Epigramma (sei righe), la vera e propria canzone (sei righe anch’essa) ed in ultimo, la dedica dell’epitaffio. La canzone vera e propria richiama un detto ancora oggi in voga e che probabilmente era già di comune pensiero nel passato: è infatti, il tema del ”godersi la vita”.Niente male per delle antiche popolazioni, dipinte sempre così serie e guerrigliere!

La stele venne ritrovata inoltre nel 1883 in una curiosa circostanza, ovvero durante la costruzione della linea ferroviaria presso la città di Aydin (moderna Turchia), parte del regno di Pergamo, successivamente divenuta città romana. Questa, rimase di proprietà dell’impresario danese Edward Purser (il responsabile della costruzione della linea ferroviaria), che drammaticamente ordinò addirittura di tagliare la base della stele per mantenere la colonna di quest’ultima eretta (il tutto per riuscire a posizionare un vaso di fiori sul punto più alto della colonna).

Si può dire che questa non fu una mossa furba e neppure intelligente visto e considerato che la base tagliata dal signore conteneva un’ulteriore preziosa riga di testo, ormai persa per sempre. Successivamente, la stele divenne di proprietà del genero di Purser e venne conservata fino al 1922 in una città vicino a Smirne. Solo nel 1966 la stele approdò in un luogo di tutto rispetto, dove potesse finalmente essere ammirata da tutti: il museo di Copenaghen, dove ancora oggi è conservata. Mistero, dolce culla dell’umanità ed allo stesso tempo energia pura: questa è la sensazione sprigionata dalla musica, parte integrante dell’essere umano. Magia, forse? L’epitaffio di Sicilo non può che esserne piacevole conferma.