Le carni rosse sono cancerogene? In medio stat virtus

Dire che le ultime notizie sulle carni rosse hanno scatenato il panico è usare un eufemismo. La diffusione da parte dell’OMS di un comunicato, riguardante il consumo di carni rosse e trattate, ha fatto il giro del mondo in pochi istanti alimentando il già focoso dibattito tra consumatori di carne e vegetariani. Secondo quanto riportato dalle maggiori testate giornalistiche, lo IARC (International Agency for Research on Cancer) ha inserito le carni rosse trattate tra gli agenti cancerogeni, in particolare nel temuto Gruppo1, insieme al fumo o ai composti radioattivi. Sorte poco diversa per la carni rosse in genere, sistemate nel vicino gruppo 2A, destinato ai composti probabilmente cancerogeni.
Facile cadere nello sconforto e lasciarsi allarmare da questa affermazione. Tuttavia, la notizia originale non è così drammatica come è stato riportato. Per comprendere è necessario fare chiarezza sul significato e sulla funzione delle classificazioni IARC che ci offre ben 5 gruppi in cui incasellare i vari agenti con cui ogni giorno veniamo a contatto:
Gruppo 1 Cancerogeno per l’uomo 118 agenti
Gruppo 2A Probabilmente cancerogeno per l’uomo
75 agenti
Gruppo 2B Possibilmente cancerogeno per l’uomo
288 agenti
Gruppo 3 Non classificabile per la sua cancerogenicità nell’uomo 503 agenti
Gruppo 4 Probabilmente non cancerogeno per l’uomo
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La classificazione si basa sugli studi scientifici raccolti riguardo ad un dato componente, siano essi effettuati su modelli animali o epidemiologici. Suddivide, quindi, le sostanze in gruppi sulla base della loro capacità più o meno provata di causare l’insorgenza di tumore. L’intero lavoro si basa sulla differenza sostanziale tra i concetti di pericolo (hazard) e rischio (risk) di cancerogenesi. Mentre il primo fa rifermento alla capacità intrinseca di una sostanza di causare lesioni cancerose, e questo a prescindere dalle dosi in cui è in grado di provocarlo o dalla durata di esposizione necessaria, il concetto di rischio è più vicino a quello di probabilità. Esso tiene conto anche dell’esposizione e per questo rappresenta un reale parametro di cancerogenicità. Essendo la classificazione basata sui livelli di hazard, o possibilità di causare cancro, di ciascuna sostanza, ci troviamo dinanzi ad un’evidente problematica: non è difficile trovare all’interno della stessa categoria sostanze tra loro completamente diverse e con un grado di pericolosità spesso non paragonabile.
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Riprendendo il discorso su carni rosse e carni trattate, potremmo affermare che il loro inserimento, rispettivamente nelle categorie 1 e 2A della classificazione, altro non significa se non che esse possiedono la capacità di causare l’insorgenza del cancro, in base ai dati fino ad ora raccolti. Ciò non è, però, sufficiente per valutare il rischio reale di cancerogenesi associato ad una sostanza in quanto la classificazione non tiene conto di livelli di esposizione necessari affinchè possa svilupparsi un tumore. Basandoci esclusivamente sui raggruppamenti creati dallo IARC, dovremmo smettere di fidarci persino dell’Aloe vera, inserita nel gruppo 2B sulla base della sua capacità di causare il cancro nei ratti ed il cui impiego in  cosmetica e medicina è ormai noto da tempo.
Il consiglio più diffuso è, in fondo, sempre lo stesso: una dieta equilibrata, lontana dagli eccessi, è quanto di meglio possibile per garantirsi una salute di ferro e per lungo tempo! Le paranoie, invece, accorciano la vita. Tanto vale basarsi su evidenze oggettive.
Del resto, per quanto reale il dato che, in soggetti predisposti, un consumo eccessivo di carne possa aumentare il rischio di insorgenza di tumori del tratto digestivo e malattie cardiovascolari, è altrettanto vero che gli alimenti di origine animale contengono dei nutrienti importanti. Prima fra tutti, la vitamina B12 la cui carenza causa gravi patologie quali l’anemia perniciosa e disturbi del sistema nervoso.
Secondo, ma non per importanza, è il contenuto di ferro, più facilmente assimilabile di quello contenuto nei vegetali perchè all’interno di una particolare struttura conosciuta come eme per il cui assorbimento sono presenti, nel nostro organismo, strutture specializzate.
Cosa, quindi, renderebbe dannosa la carne rossa se consumata in elevate quantità? E’ importante ricordare che il rischio maggiore è associato al consumo di carni lavorate. Questo supporta l’ipotesi secondo cui non sia la carne in sé ad essere dannosa, ma il tipo di additivi aggiunti ed i trattamenti a cui essa è sottoposta, compresi alcuni metodi di cottura. Processi come l’affumicatura o la cottura troppo intensa al barbecue, infatti, possono portare alla produzione di sostanze chimiche potenzialmente dannose. I conservanti e l’elevato contenuto di sale delle carni lavorate sono fattori che le rendono non del tutto salutari, come del resto noto da tempo.
Anche le carni rosse, quindi, come ogni cosa, hanno pro e contro. Dove sta la verità? Probabilmente, nel mezzo. Un consumo non eccessivo ed accompagnato ad uno stile di vita e di alimentazione sano continuano ad essere la scelta migliore. In particolare, la dieta mediterranea, con il suo apporto bilanciato di nutrienti e l’attenzione alla qualità di ingredienti e modalità di cottura, continua ad essere tra le più consigliate anche dalla stessa OMS che non ha tardato, tra l’altro, a ridimensionare gli allarmismi creatisi intorno al consumo di prodotti animali.
Per approfondire e chiarire cosa è realmente contenuto nel rapporto IARC:
Delucidazioni sul significato della classificazione.
Classificazione vera e propria.
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Silvia D'Amico