L’amore? Una questione di chimica

Una pubblicazione della Society of Neuroscience ha verificato, attraverso risonanza magnetica, quali sono le zone del cervello che si attivano quando siamo colti dall’euforia dell’innamoramento. L’attività celebrale che corrisponde ad un’intensa attività emotiva è stata localizzata nel nucleo caudato e nell’area cerebrale destra VTA (Ventral Tagmental Area). Queste aree del cervello sono ricche di dopamina, che ad alti livelli produce energia, tensione verso nuovi stimoli, motivazione verso gratificazioni e una sensazione di esaltazione.

L’innamoramento, però, è diverso dall’amore. È interessante notare infatti come la passione iniziale riguardi le aree cerebrali collegate alla gratificazione e agli impulsi, mentre i sentimenti mossi da una relazione stabile e a lungo termine attivano le aree adibite all’emozione. Dati che confermerebbero come anche neurobiologicamente l’amore sia un sentimento che muta e si evolve nel tempo.

Uomini e donne reagiscono diversamente  allo stesso sentimento. Nel cervello di una donna innamorata si attivano maggiormente il corpo caudato e la corteccia parietale posteriore. La maggior parte degli uomini invece mostra una particolare attività nelle regioni cerebrali adibite ai processi visivi, inclusa quella collegata all’eccitazione sessuale.

La fase dell’innamoramento è legata agli effetti della feniletilamina e alla elevata produzione di dopamina e neropinefrina.  La feniletilamina è un ormone della classe delle anfetamine che il nostro organismo produce naturalmente ed è la causa della riduzione dell’appetito e dell’iperattività che caratterizzano l’innamoramento. Durante questa fase aumentano i livelli di dopamina mentre crolla la serotonina, che ha il compito di regolare l’equilibrio psicologico. Ecco il perché di alcuni cambiamenti comportamentali come l’impulsività, la riduzione di razionalità, o addirittura atteggiamenti ossessivi come mandare centinaia di sms alla persona amata. Una buona notizia è che quando ci innamoriamo l’amigdala non interviene per cui durante questa fase si riduce anche la paura.

Questo periodo magico, però, per la scienza non può durare per più di sei o sette anni. Infatti l’organismo si abitua lentamente alla feniletilamina  e l’allegria si attenua. Ed è qui che in molti casi entrano in gioco l’ossitocina ( anche detto ormone dell’amore) e le endorfine.

Le persone che hanno un rapporto di coppia duraturo presentano livelli alti di ossitocina. La quale  riduce lo stress, aumenta la fiducia e l’empatia con il prossimo ed aiuta a socializzare. Invece la limitata circolazione di ossitocina favorisce il tradimento. Inoltre  è detta anche la sostanza della verità in quanto una persona innamorata tende a non mentire al suo compagno. Un’altra sostanza importante è la vasopressina: l’ormone della fedeltà maschile. Più i livelli sono bassi e più l’uomo è predisposto al tradimento.

E se Blaise Pascal una volta disse: “il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce” probabilmente dovremmo cominciare a ricrederci.

Francesca Valentina Troiano