La storia della bambola posseduta in Italia

Ci sono molte storie di oggetti che si ritiene siano posseduti e molti di questi oggetti sono bambole. Esistono molti racconti di bambole possedute o maledette all’interno delle quali, si dice, sono presenti spiriti di bambini. La storia che vi racconteremo oggi è quella di una bambola posseduta tutta italiana, la bambola Pupa.

Pupa è una bambola antica, coi capelli castano chiaro e gli occhi celesti che si intonano al suo vestitino di feltro, lo stesso che ha sin da quando è stata costruita. Si racconta che questa bambola sia stata regalata a una bambina durante gli anni ’20 in Italia, precisamente a Trieste.  La bambina chiamò la sua bambola Pupa e non se ne separava mai. La sua famiglia si spostava spesso e andò prima negli Stati Uniti, girò poi l’Europa e infine si stabilì definitivamente negli Stati Uniti. La bambina tenne con sé la bambola anche da adulta e raccontò a figli e nipoti di quanto fosse speciale la sua Pupa. Raccontò loro che quando era piccola si confidava spesso con la sua bambola e questa sembrava rispondergli. Era infatti convinta che la sua bambola fosse in qualche modo viva, che avesse una coscienza. Nel 2005 però, purtroppo, la proprietaria di Pupa morì e la bambola passò alla sua famiglia.

La famiglia della donna ha dichiarato che dopo la sua morte, Pupa sembra essere molto attiva. Attualmente è in una teca insieme ad altri oggetti e i membri della famiglia notano che spesso cambia posizione da sola. Altre volte invece vedono il vetro della teca appannato all’interno e la scritta “Pupa odia” come se fosse stata tracciata con un dito. Alcune volte sentono addirittura picchiettare sul vetro, oltre a udire una strana risatina, proprio come succede con la bambola Mandy. Perché questi fenomeni si sono verificati solo dopo la morte della sua proprietaria? Molti pensano che Pupa senta la mancanza di qualcuno che si prenda cura di lei come aveva fatto la sua padroncina, e che quindi stia cercando di attirare l’attenzione.

Verità? Leggenda? Suggestione? A te la parola.

redazione