La scienza spiega l’esistenza dei sosia

Molto spesso vi sarà capitato di scambiare una persona per un’altra per la loro somiglianza oppure di provare un senso di mistica soddisfazione quando qualcuno vi ha detto che somigliate ad un attore famoso o una ballerina di danza classica! Non è un caso che esistano persone simili a voi nell’aspetto.

La scienza ha spiegato questo fenomeno attraverso un accurato studio di genetica combinato alla statistica.

Il codice genetico è costituito da sequenze di basi azotate, ovvero composti di azoto, potassio e zucchero. Tali sequenze sono i piccoli tasselli che codificano gli amminoacidi, ovvero i componenti di determinate proteine, come quelle che troviamo nella carne. Le basi azotate sono quattro e costituiscono anche il DNA e la sua copia, l’RNA, da cui si ottiene una sorta di “stampo” per produrre le proteine.

La sequenza amminoacidica UAC, per esempio, corrisponde ad un determinato amminoacido che chiamiamo X mentre la sequenza CGG ad uno che chiamiamo Y e via dicendo. Tutte queste triplette appaiate l’una all’altra, in una sequenza del tipo XY…, formano gli amminoacidi e a loro volta codificano proteine. Le possibili combinazioni di triplette costituiscono il codice genetico, ovvero l’informazione del materiale genetico contenuto nelle cellule. Questo codice è inoltre universale, cioè comune a tutti i viventi, ma con codificazioni differenti in ogni organismo (banalmente: per un maiale una sequenza amminoacidica è codificata in modo diverso rispetto ad una giraffa: la stessa sequenza risponde in modo diverso nell’organismo del maiale e in quello della giraffa, pur rimanendo la stessa). Il codice genetico è anche ridondante, nel senso che più sequenze amminoacidiche possono codificare lo stesso amminoacido: ipotizziamo, per esempio, che tutte e tre le sequenze UCA, UGA e CCG possano tradurre lo stesso amminoacido che chiameremo Z.

Questa breve e semplificata lezione di biologia è servita a spiegarvi come, in fondo, non siamo poi così tanto diversi gli uni dagli altri, e nemmeno dalle giraffe!

I geni, ovvero gli archivi delle informazioni ereditarie, che influenzano la costituzione del nostro fisico o l’aspetto del nostro volto non sono infiniti. La statistica ci insegna infatti che un numero finito di combinazioni può fare in modo che queste si ripetano nel tempo. In poche parole, parafrasando Michael Sheehan della Cornell University (stato di NY), noi abbiamo la facoltà di mischiare un mazzo di carte molte volte, ma alla fine si possono presentare due mani identiche. Certamente il corpo umano non ha a che fare con 52 geni come le carte da gioco (senza poi andare nello specifico degli studi mendeliani su alleli recessivi e dominanti), ma il concetto è pressoché lo stesso. La variabilità genetica dell’uomo funziona proprio come un enorme mazzo di carte: riproducendosi, l’uomo combina a caso, all’impazzata, le informazioni genetiche generando nuovi individui e, con un discreto margine di probabilità, nuovi individui uguali.

Il volto è la parte del corpo più soggetta a ricombinazione genetica (geni degli occhi, forma del naso e delle labbra, grandezza delle orecchie), e perciò sussisterà una possibilità relativamente bassa di trovare un nostro sosia in giro per strada, visto che i fattori che influenzano l’unicità del volto sono parecchi! Non c’è dunque da stupirsi dell’esistenza di una relazione parentale anche con gemelli perfetti sconosciuti!

Tali somiglianze però sono influenzate anche da altri diversi fattori come per esempio la località geografica in cui viviamo. Gli svedesi, infatti, sono per la maggior parte alti e biondi, gli africani hanno le narici grosse e i popoli mediterranei hanno la carnagione scura e i capelli neri.

La possibilità di “mescolare queste carte” permetterebbe dunque una conseguente variabilità genetica e, forse, l’ipotesi di poter trovare, un giorno o l’altro, un nostro sosia passeggiare per le strade di Pechino.

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Andrea Colore