La casa “portatile” di Ikea per ospitare i rifugiati

Si chiama Better Shelter, la casa pieghevole, in plastica riciclata e quindi assolutamente green. Ideata dall’architetto e designer d’interni Johan Karlsson grazie ai finanziamenti erogati dalla fondazione del colosso dei mobili svedese. La casa “portatile” ideata e realizzata per ospitare i rifugiati, finanziata dalla Ikea Foundation, ha vinto il premio Beasley Design of the Year 2016 dedicato ai migliori progetti di design e assegnato dal Museo del Design di Londra. La casetta può ospitare fino a un massimo di cinque persone.

Per far fronte alle innumerevoli necessità abitative dei rifugiati nel mondo che, secondo gli ultimi dati forniti dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, ammontano a 21.3 milioni (il dato più alto dall’inizio degli anni novanta, 1.8 milioni in più rispetto al 2014), e che vivono nella maggior parte dei casi all’interno di tende, Ikea Foundation in collaborazione con l’Unhcr ha finanziato la realizzazione di moduli abitativi più comodi e più sicuri delle tende.

L’idea era quella di progettare e realizzare una nuova casa semplice da costruire e da trasportare, con materiali che durassero nel tempo. “Se si confronta la vita nelle tende e quella all’interno di questi rifugi, non c’è paragone. Quella all’interno delle casette è mille volte meglio”, ha raccontato un rifugiato iracheno costretto ad abbandonare nel 2015 la sua città, Ramadi, con l’avanzata dei miliziani dell’Isis, e che attualmente vive all’interno di un campo profughi a Baghdad.

“Le tende sono come un capo d’abbigliamento e necessitano di essere cambiate spesso. Inoltre, abbiamo vissuto senza alcuna privacy ed è stato spesso molto difficile”, ha aggiunto.

La vita all’interno delle tende inoltre può essere spesso proibitiva a causa del clima. In estate si soffre spesso il troppo caldo, mentre durante la stagione delle piogge in Iraq si rischiano le inondazioni. “Questo rifugio è più protetto, abbiamo una porta da chiudere a chiave e mi sento più sicuro”, ha sottolineato l’uomo.  Il modulo abitativo “portatile” ha una superficie di circa 18 metri quadri e può essere assemblato da quattro persone in poche ore. Realizzato con un robusto telaio di acciaio e rivestito con pannelli in polipropilene coibentati, ha un pannello solare sul tetto che garantisce quattro ore di luce elettrica.  La produzione di queste casette “portatili” è iniziata nel giungo del 2015 e fino a oggi ne sono state distribuite oltre 16mila in luoghi di crisi come il Nepal, dove l’ong Medici senza Frontiere le impiega come cliniche dopo il devastante terremoto. Diverse migliaia sono state inviate in Iraq e centinaia in Gibuti e in Yemen.

Il progetto Better Shelter ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali e uno dei moduli abitativi è stato installato nella collezione permanente del Museo di Arte Moderna di New York.

Claudia Ruiz