Kim Novak, la bellezza bifronte di una vertigine bionda

Ancor oggi a quasi ottantaquattro anni il suo viso rievoca, attraverso antichi bagliori, la sua virtù più apparente: una strepitosa bellezza. Decorativa sulle prime per via di una scarsa mobilità espressiva, ma ideale per proporsi come modella fino a diventare compiuti venti anni” Miss Deepfrize” reclamizzando frigoriferi. Di lì a passare al cinema la strada è breve: esordisce nel film ”La linea francese” dove il suo nome però non compare neanche nei titoli di coda. Dunque il suo graduale successo è tutto merito di Harry Cohn il Gran Capo della Columbia, a cui non sfugge quella maggiorata categoria extralusso dalle affascinanti fattezze. Ci vuole proprio uno dal comportamento abrasivo come lui per levigare quella bambola di porcellana. Lo scaltro produttore capace di plasmare miti come Rita Hayworth e attrici come Judy Holliday, rimodella anche lei. Diventa bionda, frequenta una scuola di recitazione e viene ribattezzata Kim Novak al posto di Marilyn Pauline Novak per creare un’alternativa tale da non confondersi con la bionda d’America più famosa nel mondo quale era a quel tempo la prorompente Marilyn Monroe.

Dopo questo trattamento la sua bellezza non è più sola e si combina perciò, anche per via di una particolarità genetica, alla sua naturale predisposizione alla doppiezza. Caratteristiche ideali per impersonare: Lona l’abile seduttrice nel film del 1954 ”Criminale di turno”, accanto a Fred McMurray e al posto della rinunciataria Rita Hayworth; e poi Molly, la burrosa cassiera dal cuore d’oro unico raggio di sole nella vita del drogato Frank Sinatra, che con la forza del suo amore riesce a redimerlo nel drammatico film di Otto Preminger ”L’uomo dal braccio d’oro”.

Sotto il segno della sottile diversità, sono anche le due interpretazioni dei ruoli successivi: attraente Madge Owens, in ”Picnic“ del 1956, dove inscena assieme al magnifico William Holden, un delicato duetto amoroso di ballo tra grazia e sensualità e strabocchevole Linda nel suo costume da ballerina in “Pal Joey”, raffigura però la morbida femminilità che vince il confronto la riccona Rita Hayworth conquistando, lo scafato Frank Sinatra, in una vicenda mista di amore e gelosia, spettacolo e interesse.

Conclude quel magico momento nelle vesti dell’affascinante Gil nella commedia ”Una strega in paradiso”, a completare splendida, il brillante terzetto assieme alle due impareggiabili punte di diamante: James Stewart e Jack Lemmon.

Come ebbe a dire il regista di molti suoi film Richard Quine, ”Kim affascina soprattutto per due proverbiali qualità: può essere una dama di gran classe in un salotto e al contempo una prostituta in camera da letto”.

Dunque il pubblico più che alle doti recitative, è affascinato più da quel misto di spregiudicatezza e ingenuità che fuoriesce dalle sue forme piene e dai gelidi occhi verdi. Questo cocktail dì inquietante alternanza tracima impetuoso in un personaggio che sembra fatto apposta per lei nel celeberrimo film di Alfred Hitchcock ”La donna che visse due volte” del 1958, unanimemente riconosciuto nel Gotha dei capolavori assoluti della storia del cinema.

Nel doppio ruolo di Madaleine-Judy, Kim Novak è perfetta al fianco di un monumentale James Stewart: i due riescono a trasferire sullo schermo come fosse una grande lente d’ingrandimento paure, inquietudini e fobie dell’essere umano nella vita di tutti i giorni, temi assai cari e ricorrenti nelle opere del genio del thriller.

Finalmente, la ragazza di origini ceche nata a Chicago nel 1933, è famosa a Hollywood non solo grazie alla stampa scandalistica che la dipinge costantemente onnivora in campo sessuale e spregiudicata per aver sfidato l’opinione pubblica con la sua contrastata e impossibile storia d’amore con il nero Sammy Davis Jr.

Sulla cresta dell’onda all’inizio degli anni sessanta impone definitivamente il suo personaggio di vamp abbagliante perennemente in bilico tra carnale passionalità e puro sentimento. Infelice, appetitosa e pericolosa vicina di casa destabilizza l’armonia famigliare del volitivo architetto Kirk Douglas in “Noi due sconosciuti”; sinuosa e appariscente ammalia il candido diplomatico Jack Lemmon ne ”L’affittacamere”; falsa ragazza squillo provoca le vibranti pulsioni di un gruppo di amici in ”Venere in pigiama”; infida e tentatrice Mildred irretisce Laurence Harvey nel melodramma ”Schiavo d’amore”;  inguainata nei panni della sentimentale Polly la bomba, sculetta d’istinto senza mestiere ne malizia, avvolgendo di vaporosa avvenenza l’incallito sciupa femmine Dean Martin in ”Baciami stupido”e infine sprizza una  gioiosa e amena femminilità ne “Le avventure e gli amori di Moll Flanders” del 1965. In questa circostanza conosce e sposa l’attore Richard Johnson da cui divorzierà entro un anno.

Il titolo del film “Quando muore una stella” del 1968, romantico melodramma dai toni cupi è il profetico preludio al suo addio a tempo pieno dal mondo cinematografico: irrompono gli anni 70 e un certo tipo di donna fisicamente vistosa ha fatto il suo tempo e certi ruoli scarseggiano.

Kim sposa, con la causa animalistica anche un suo convinto assertore il medico veterinario Robert Malloy nel 1976. In questo periodo compare in “Sfida a White Buffalo” con Charles Bronson e spicca nel numeroso cast di “Assassinio allo specchio” del 1980, nel quale ancorché ultraquarantenne disputa la scena alla quasi coetanea, ancora pimpante e piacente Elizabeth Taylor infuocando il set di una strisciante rivalità sotto il segno del fascino.

Alcuni critici spietati le hanno sempre rimproverato scarso talento e una certa legnosità di movimento,  uomini nell’occasione poco galanti quali, Frank Sinatra, Fred Astaire e Jack Lemmon, che pure fecero follie per conquistarla, non esitarono a definirla rispettivamente: noiosa più di una zanzara, meno dotata di una scarpa di tip tap e più eccitante durante una partita a poker che sotto le lenzuola, e certi giornalisti d’assalto  confezionarono su certi suoi gusti sessuali a 360 gradi storielle ai confini dell’inverosimile.

Fatto sta che la donna che al suo apparire fece sciogliere all’istante il cuore dei maschi americani, oltre al merito di aver saputo rappresentare come poche la bellezza bifronte, ha espresso anche un tale sexappeal che in modo quasi surreale un qualsiasi spettatore potesse dirle: “Tu non immagini quanta gioia mette in corpo a un uomo vedere una donna come te”. E questo dovrebbe bastare.

Vincenzo Filippo Bumbica