Jean-Claude Juncker, l’imperatore d’Europa

Politico, avvocato lussemburghese, è stato Primo ministro in Lussemburgo per quasi un ventennio, dal Gennaio 1995 al Luglio 2013, ed è Presidente della Commissione Europea dal Novembre 2014. Parliamo di Jean-Claude Juncker, indubbiamente uno dei più discussi uomini politici del momento e, se è vero com’è vero che l’Italia non sforna talenti politici da decenni, è anche vero che lo stesso Juncker sembra quasi una caricatura di sé stesso: spionaggio, conflitti d’interesse e gaffe, molte delle quali linguistiche, sono all’ordine del giorno anche se sapientemente celate da un prolifico elenco di battute “alla Berlusconi”, come quando per giustificarsi dei tristi errori a cavallo tra tedesco e francese ebbe a dire a Bruxelles “a volte faccio fatica a farmi capire, perché quando parlo francese penso in tedesco. E viceversa”.

Divertente, ma solo uno dei tanti esempi della comicità con cui Juncker ama conquistare gli astanti. E sicuramente poco utile quando si tratta di governare le sorti di un’Unione Europea ormai strattonata tra le gestione dell’emergenza migratoria e i rapporti con la Turchia di Erdogan, con la Russia di Putin e nell’attesa del voto statunitense, che in ambo i casi rappresenterà uno sconvolgimento sostanziale sul piano dei rapporti politici. Ma come si fa ad essere così inadatti e ricoprire uno degli incarichi più prestigioso a livello europeo? Difficile a dirsi, specie da quando Juncker, divenuto Presidente della Commissione Europea, è stato chiamato a dirigere le indagini sugli aiuti di Stato illegali concessi dal Lussemburgo a centinaia di aziende sotto forma di generosi sconti sulle tasse, proprio negli anni in cui ricopriva l’incarico di Primo Ministro.

Come nei migliori thriller di Dan Brown, Juncker indaga su Juncker. E anche se gli argomenti inerenti il conflitto d’interessi sono stati in breve esautorati dai mass media, la ben più tragica problematica della Brexit ha scosso le notti del Presidente, ricordandogli che un’Europa senza lato umano altro non è che una legione di commercialisti, intenti a far le pulci ai conti in banca dei Paesi membri ma senza alcuna velleità di “unione” appunto. Accortosi di ciò, ha stretto mani e imbandito tavole, cercando di rafforzare i rapporti con i Paesi-chiave di un’Europa in rotta di collisione: la Francia, pressata dalla destra autoritaria di Marine Le Pen, la Germania non più di Angela Merkel, che perde consenso nei sondaggi a favore anche qui di una destra più populista e ultima ma non ultima, l’Italia in balia del referendum costituzionale del 4 Dicembre 2016. Ed è proprio con l’Italia che Juncker ha stretto i rapporti più saldi: agevolazioni alle PMI, flessibilità ostentata fino all’inverosimile e perfino un piano d’investimenti ad hoc (soprannominato “Piano Juncker”) in cui l’Italia svetterebbe in testa alla lista dei beneficiari. Certo, la questione riguardo le “quote” di migranti per ogni Paese non è certo risolta, gli altri paesi UE continuano a tener chiuse le frontiere e i rapporti tra il Governo Italiano e quello Tedesco sono ridotti ai minimi storici, ma il Presidente probabilmente, volendo parafrasare sé stesso “parla in italiano e pensa in tedesco”.

Simone Dei Pieri