Italy's players show their dejection at the end of the FIFA World Cup 2018 qualification playoff second leg soccer match between Italy and Sweden at the Giuseppe Meazza stadium in Milan, Italy, 13 November 2017. ANSA/DANIEL DAL ZENNARO

Italia, niente Mondiali: la notte più triste, una disfatta epocale

Una disfatta epocale: l’Italia non andrà ai Mondiali di Russia 2018. Come solo un’altra volta ci era capitato nella nostra storia, cinquantanove anni fa a Belfast, l’Italia è fuori dai Mondiali. Inaccettabile. Inconcepibile. Per certi versi inspiegabile. In Russia, la prossima estate, ci andrà la Svezia, che dopo aver clamorosamente eliminato l’Olanda nei gironi di qualificazione riesce in una nuova, gigantesca impresa.

IN SVEZIA – Cerchiamo di fare ordine, partendo dalla sfida di andata di questo spareggio. L’Italia, nonostante le enormi difficoltà palesate dopo la trasferta spagnola di settembre, partiva con i favori del pronostico, di fronte ad una Nazionale dal modesto tasso tecnico. Un 352 difensivo contro un 442 chiuso e ordinato: il primo tempo si è chiuso nella noia generale, con l’Italia che non riusciva a fare gioco e la Svezia che ha cercato di buttare la partita nel versante della fisicità e aggressività, provocando diverse interruzioni. Ad inizio secondo tempo la svolta: un tiro estemporaneo di Johansson viene deviato da De Rossi e mette fuori causa Buffon: 1-0 Svezia. La reazione italiana è pressoché inesistente: all’occasione di Belotti nei minuti iniziali segue soltanto il palo di Darmian. Per il resto è calma piatta: Verratti prima e Insigne poi, i due giocatori dal maggior tasso tecnico di questa Nazionale, non riescono ad incidere minimamente sul match. La sfida si chiude così con un amaro 1-0, lasciando incerte, ma con i favori del pronostico ora spostati sulla ex-Nazionale di Ibra, le previsioni per la sfida di ritorno.

A SAN SIRO – Per la sfida di ritorno Ventura si affida ancora al 352, cambiando tre uomini: Jorginho per De Rossi, Florenzi per Verratti squalificato e, con sorpresa per molti addetti ai lavori e tifosi, Gabbiadini per Belotti, con il primo che fin qui aveva totalizzato 34′ sotto la gestione Ventura. Il clima a San Siro è decisamente infuocato, forse troppo: i fischi durante l’inno svedese sono a dir poco vergognosi, compensati dal meraviglioso applauso di Buffon.

L’Italia del primo tempo è garibaldina, confusa, disorganizzata ma spinta dal cuore e dai 75.000 di San Siro: Florenzi, Immobile e Gabbiadini non riescono però a realizzare quel gol che avrebbe sbloccato il match. Nel mentre, ci sarebbero almeno due rigori da una parte e dall’altra: l’arbitro decide di non prendersi alcuna responsabilità, e in tutti e quattro i casi lascia proseguire il gioco. L’Italia parte all’arrembaggio anche nel secondo tempo, ma ben presto le occasioni si fanno sempre più fioche, il gioco sempre più discontinuo e disorganizzato, i giocatori sempre più scoraggiati. Ventura prova a dare nuova linfa alla squadra, lanciando nella mischia El Shaarawy, Belotti e Bernardeschi. Ma non c’è niente da fare: la sfida si chiude amaramente sull’ultimo corner di Florenzi, dopo aver baciato la sfera prima di calciarla, un ultimo disperato gesto che si rivelerà vano. Il verdetto è chiaro: uno 0-0 evidentemente falso, per quanto prodotto in questi novanta minuti, che non evita però la clamorosa eliminazione dalla strada che porta a Russia 2018.

GIGI, DANIELE, ANDREA – Prima di andare a scovare i colpevoli, è bene focalizzarci su questi tre alfieri della nostra Nazionale che in concomitanza con questa disfatta hanno detto addio alla maglia azzurra. Gigi Buffon, Daniele De Rossi e Andrea Barzagli si ritirano ufficialmente dalla Nazionale: erano gli ultimi tre rappresentanti di quel Mondiale del 2006 che ora ci pare tanto lontano, gli ultimi tre a cui questa Nazionale si è aggrappata per avere la meglio in questo sorteggio. Emblematiche le lacrime di Buffon nell’intervista per la RAI a fine partita, emblematica la rabbiosa reazione di De Rossi quando a metà secondo tempo gli si chiede di scaldarsi per entrare in campo: in quel momento serviva l’ingresso e la linfa dei vari attaccanti in panchina, non certo l’apporto di un centrocampista difensivo come lui, nonostante tutto il suo carisma e la sua esperienza. Tre saluti che rendono ancora più amara e triste questa serata, tre saluti che segnano ancora di più il distacco con l’era d’oro della nostra Nazionale, facendola annegare nell’oblio e nella mediocrità in cui versa, a partire dal fallimentare Mondiale del 2010.

Ma è ora di passare alle colpe. Perché se la disfatta è di dimensioni gigantesche, è evidente che le colpe ci siano, si debbano distribuire su più teste e si debbano trovare le soluzioni per ripartire da questa serata, non con semplici slogan ma con decisioni serie, ragionate a tavolino. Bisogna innanzitutto fare un distinguo: da un lato l’intero movimento calcistico italiano, dall’altro questo sorteggio fallimentare. Già, perché le due cose sono meno collegate di quanto lo possano sembrare.

Il sistema calcistico italiano è infatti da anni che versa in evidente crisi: troppa poca cura del settore giovanile, il conseguente ritardo nella maturazione ed esplosione dei (pochi) talenti di casa nostra, la poca competitività delle Primavere, la fatiscenza di gran parte delle infrastrutture che offre lo scenario calcistico italiano. Il discorso sugli stranieri è invece poco attendibile: la squadra con il maggior numero di italiani in rosa, il Sassuolo, è attualmente diciassettesima in classifica. Questo è un discorso aperto da diversi anni, una situazione vigente anche nello stesso 2006, durante il quale però questa ferita aperta era stata mascherata dalla straordinaria vittoria contro la Francia. I due successivi, fallimentari Mondiali si sono rivelati invece il prodotto di questa decadenza generale del sistema, portando a galla gli enormi problemi presenti (di cui quelli elencati sopra sono solo una piccola parte) allora e presenti ancora oggi, parzialmente e temporaneamente cancellati dai positivi Europei 2012 e 2016.  Il nostro calcio ora ha bisogno di una rifondazione a più livelli, di riforme, come successo nella Germania post-2006: in questi anni stiamo vedendo i risultati del loro lavoro.

Questa situazione non deve però andare a coprire un’altra questione: il sorteggio di ieri sera, a prescindere dalla situazione generale del movimento calcistico di casa nostra, era ampiamente alla nostra portata. Se è vero che da mesi la Nazionale è in difficoltà, è altrettanto palese come la nostra Nazionale fosse superiore alla Svezia per mezzi e uomini. Al netto della rifondazione da dover assolutamente compiere, non ci sono mezzi termini: un allenatore più competente ci avrebbe comunque portato al Mondiale, battendo un avversario sicuramente non insormontabile. Se infatti Conte, ad EURO 2016, era riuscito a coprire la situazione in cui versa il nostro Paese (riuscendo a battere non la Svezia ma la Spagna, e arrivando ai rigori con la Germania), la successiva nomina di Ventura come commissario tecnico da parte di Tavecchio ha messo a nudo, ancora di più, le difficoltà del nostro calcio, nonostante le quali avremmo potuto comunque staccare il pass per il Mondiale, visto il poco che ancora la nostra Nazionale riesce ad offrire: un poco totalmente annullato dalle scelte del c.t.

VENTURAI due imputati, i due principali colpevoli sono Ventura e Tavecchio, lasciando invece al terzo posto i giocatori in campo. Non volendoci concentrare sul presidente della FIGC, per cui parlano le numerose gaffe affrontate più volte, come l’incomprensibile scelta di porre Ventura come c.t e il fallimento di quest’ultimo; a costo di sembrare ripetitivi (ne abbiamo infatti già parlato negli scorsi articoli incentrati sulla Nazionale) vogliamo nuovamente soffermarci sul commissario tecnico, Giampiero Ventura.

Dopo aver per mesi portato avanti il progetto di un utopico 424, che ha portato alla rovinosa serata del Bèrnabeu, dopo aver confusamente cambiato moduli e uomini nelle ultime partite del girone, senza riuscire a offrire uno straccio di gioco, Ventura si è presentato alle due partite decisive per il Mondiale cambiando ancora, modulo e uomini. Il 352 dell’andata e del ritorno – incredibile come nei minuti finali, con un goal da rimontare, abbia mantenuto la stessa disposizione tattica adattando Bernardeschi mezzala ed El Shaarawy esterno a tutta fascia – non ha offerto nuovamente un gioco chiaro e delineato: in questi 180′ è stata evidente la confusione e disorganizzazione della Nazionale, e la poca fiducia riposta dai giocatori verso il c.t. Emblematico lo stupore di Insigne quando, entrato per Verratti nella sfida di andata, è stato spedito da Ventura a fare la mezzala, lui che è un conclamato esterno d’attacco.

Quasi la totalità dei giocatori convocati dal commissario tecnico erano infatti adatti ad un chiaro e semplice 433, il modulo più utilizzato in Serie A e con cui giocano la maggiorparte dei convocati per queste due sfide, anche vista la quantità di ali ed esterni convocati, resi totalmente vani dalla scelta di un modulo che come unico pregio aveva quello di rinforzare la difesa con la BBBC. E poi, in ordine sparso: l’utilizzo del doppio 9, pratica che da decenni non si vede su un campo da calcio, l’utilizzo di Jorginho soltanto nella sfida di ritorno (pensate a come sarebbe stato vedere giocare per mesi, tutti insieme, Jorginho, Verratti e Insigne: tre dei pochi che danno del tu al pallone), il sorprendente e fallimentare utilizzo di Gabbiadini, che fino ad allora aveva totalizzato 34′ sotto la gestione Ventura, il più generale mancato ricambio generazionale di cui Ventura si era prima reso portavoce e poi abile e incoerente detrattore: il vizio di lanciare troppo tardi i giovani di casa nostra non cambierà mai.

Questo sono alcune delle incomprensibili scelte di Ventura, che si è dimostrato purtroppo in confusione, prima di tutto con se stesso, inadatto per guidare la nostra Nazionale, portandoci ad un fallimento storico per cui deve pagare lui stesso e chi, l’anno scorso, ha scelto di porlo alla guida dell’Italia: Tavecchio.

Questa è una sconfitta dalle immense proporzioni, per tutti. Soprattutto per noi tifosi, cresciuti col mito dell’Italia e dei Mondiali in cui l’Italia si era sempre resa, in un modo o nell’altro, protagonista. Soprattutto per i giovani, che la prossima estate, finita la scuola, non potranno godersi l’inno di Mameli. A partire dai Mondiali del 2010, passando per il 2014 e arrivando a questo sorteggio, ora tutto è terminato. Come detto, riformare l’intero sistema – ora che abbiamo finalmente la scusa, perché le ultime eliminazioni con Costarica nel 2014 e Slovenia nel 2010 non sono evidentemente bastate – è un dovere, così come tagliare le teste dei chiari colpevoli di questa disfatta (c.t e dirigenti).

Ma rimane una débâcle storica, della cui tragicità ce ne accorgeremo nei prossimi anni: basti pensare che un’intera generazione, quella dei Belotti, dei Chiesa, dei Romagnoli, dei Rugani, è quasi totalmente perduta. Se parteciperemo a Qatar 2022, avranno quasi tutti tra i 28 e i 29 anni. Per il nostro calcio e per la nostra immagine è un durissimo colpo. Chissà se e quando ci rialzeremo.

Andrea Codega