“Io non taccio”, il libro simbolo dell’informazione che non ha paura

Non chiamateli eroi. Si offenderebbero. E vi direbbero che hanno solo fatto il loro mestiere. Ma non è così, non si sono unicamente limitati a portare a termine un lavoro. Sono andati oltre il confine del dovere, mettendo piede nel fazzoletto di terra in cui si radica la coscienza. E non sono più tornati indietro. Sono Federica Angeli, Giuseppe Baldessarro, Paolo Borrometi, Arnaldo Capezzuto, Ester Castano, Marilù Mastrogiovanni, David Oddone e Roberta Polese. Otto giornalisti provenienti da tutta Italia che hanno disegnato il profilo di un Paese che ancora fa fatica a scrollarsi di dosso la spinta repressiva e intimidatoria del crimine organizzato, e hanno raccontato la loro testimonianza in prima persona nel libro edito da CentoAutori “Io non taccio – L’Italia dell’informazione che dà fastidio“.

Paolo Borsellino spiegava: «Non ho mai chiesto di occuparmi di mafia. Ci sono entrato per caso. E poi ci sono rimasto per un problema morale. La gente mi moriva attorno». La stessa morale che spinge ogni anno centinaia di giornalisti ad andare a fondo nelle inchieste sulle infiltrazioni mafiose nelle giunte comunali, nelle gare di appalti truccate e nel riciclaggio di denaro sporco. Giornalisti che vengono minacciati, denigrati, tacciati come visionari, querelati sistematicamente, ma che non mollano la presa. Neanche quando, con le spalle al muro, ricevono pesanti ritorsioni di carattere giudiziario. E’ il caso di David Oddone, caporedattore del quotidiano “La Tribuna Sammarinese”, vittima di intimidazioni dopo la pubblicazione di articoli inerenti agli affari criminali nella Repubblica della Rocca. Di Giuseppe Baldessarro, corrispondente de “la Repubblica”, più volte querelato in merito ad alcune inchieste sul rapporto tra ‘ndrangheta e politica. Come anche di Roberta Polese, collaboratrice del “Corriere del Veneto”, più volte citata in tribunale, in sede civile e penale, per un articolo scomodo, ma con il quale ha vinto la sua battaglia. E ancora Federica Angeli, giornalista di “la Repubblica”, e Paolo Borrometi, direttore della rivista web “la Spia”, entrambi sotto scorta dopo essere stati pesantemente minacciati per i loro reportage sulle organizzazioni criminali. E infine la giovane collaboratrice de “La Presse” Ester Castano, intimidita dopo aver svelato i rapporti tra ‘ndrangheta e politica in alcuni paesini lombardi, e Marilù Mastrogiovanni, direttrice de “Il tacco d’Italia” e insegnante di Web e Social journalism a Bari, anche lei minacciata per le sue inchieste pungenti.

“Io non taccio” ha vinto il Premio nazionale Paolo Borsellino 2015, sulla cui targhetta è incisa la frase «Le loro idee camminano sulle nostre gambe», insieme alla foto dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino scattata nel 1992 dal fotografo Tony Gentile e mai più uscita dalla memoria degli italiani. Otto storie raccontate a testa alta, nate da una connivenza di paura e coraggio, di disorientamento e reazione. Testimonianze che regalano una panoramica sulle reti di diffusione del crimine organizzato in Italia. E che evidenziano, in particolar modo, la difficoltà di fare informazione di fronte a delle dinamiche che si fa spesso finta di non vedere. Un inno alla libertà di informazione, che di eroico ha l’esorcizzazione della paura. Una paura “normale” tranquillizzerebbe Borsellino, ma che “deve essere accompagnata dal coraggio“. “E il coraggio” completò il concetto anni dopo la moglie Agnese “non è mai una attesa, è ricerca. Ricerca incessante della verità“.

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