Intifada 3.0: Gerusalemme, i Social Network e la nuova rivolta

Armi e social. Scoppia l’Intifada 3.0 in una Gerusalemme in subbuglio. A condurre le rivolte in Palestina è una nuova schiera di giovani che lentamente si è mossa dai territori palestinesi allo stato di Israele. La giovane età dei facinorosi impedisce loro di ricordare che cosa accadde al tempo delle rivolte israelo-palestinesi del secolo scorso. Questi soggetti diffidano dei politici e del loro Stato, ben convinti che la stella di David sia capace solo di reazioni coercitive. Questa gente si mostra all’avanguardia, al passo coi tempi, poiché dispone di nuovi mezzi per diffondere l’Intifada: i video sui social che esaltano i facinorosi rendendoli attivi volontari.

Che cos’è stata l’Intifada? Il termine significa propriamente “rivolta” e oggi ci riferiamo a due particolari episodi legati agli effetti dei conflitti israelo-palestinesi del secolo scorso e di inizio millennio. La prima Intifada palestinese avvenne nel 1987 e ha visto contrapporsi i palestinesi agli israeliani situati su territorio palestinese. I dissidi fra le due fazioni che rivendicavano l’indipendenza del territorio sfociarono in una vera e propria rivolta popolare. Solo nel 1993 gli Accordi di Oslo hanno posto formalmente fine alla guerriglia. La seconda Intifada ha aperto il terzo millennio nel 28 settembre 2000 in occasone dell’entrata militare di Ariel Sharon nella Spianate delle Moschee a Gerusalemme, luogo sacro per Islam, Cristianesimo ed Ebraismo ancora oggi assai conteso.

I social sono diventati i veicoli di trasmissione della nuova Intifada: spopolano gli hashtag “L’Intifada è iniziata”  e “IntifadaJerusalem”. Il facinoroso Mohammad Halabi, prima di accoltellare una famiglia ortodossa alla Porta di Damasco, aveva postato l’annuncio su Facebook che stava partecipando alla terza Intifada, mentre il video degli attacchi era già on-line dopo pochi minuti.

Poco dopo, il braccio armato del Jihad ha postato un video che annunciava la ripresa degli attacchi e degli attacchi suicidi, visto ben 40.000 volte. La morte del giovane Fadi Alloun 100.000. Come far sapere dunque quello che sta succedendo nella Città Santa se non utilizzando le più grandi piattaforme multimediali di cui disponiamo? “Ogni giorno vediamo uno dei nostri morire, il minimo che possiamo fare è quello di condividere le immagini” sostiene Sami, 19 anni, studente di Legge a Bir Zeit, città palestinese sotto il governatorato di Ramallah.

Ma non finisce qui: ci sono anche i selfies dei lanciatori di pietre, adolescenti o addirittura ragazzini, sullo sfondo di copertoni in fiamme, immersi dai fumi dei gas lacrimogeni. A ciò si aggiungono i video dei soldati israeliani mascherati da arabi che hanno tanto terrorizzato il governo israeliano che reagisce preoccupato chiedendo a Facebook e a Google di togliere i video dai contenuti cruenti.

Oltre i quartieri arabi di Shuafat e Beit Hanina, si odono spari, esplosioni e dilagano incendi; le sirene delle ambulanze fischiano. Si è fatto largo uso di armi e pallottole: qui è stato ucciso un palestinese di 21 anni e 12 altri feriti. I maggiori enti giornalistici comunicano la deriva delle rivolte che stanno perdendo il controllo non solo nei quartieri arabi di Gerusalemme, ma anche in Israele. Le scuole sono state ovviamente chiuse.

A fronte di questo scenario, il presidente palestinese Abu Mazen vorrebbe evitare che gli scontri possano deflagrare in qualcosa di più grosso: il presidente è convinto di rinunciare alla simpatia internazionale, proprio come accadde al tempo della seconda Intifada di Arafat, ma vuole impedire interventi militari perché la forza popolare è troppo forte e rischierebbe di avere la meglio. Netanyahu ha invece vietato la visita di politici palestinesi e israeliani sulla spianata delle Moschee: ben 9 metaldetector verranno istallati all’ingresso della città. Questa è la generazione che ha vissuto l’Intifada del 2000. Questa è la generazione che ricorda.

Ma come si comporta la nuova generazione, la generazione dell’Intifada 3.0 dei social network? Mustafa, 10 anni: vuole lanciare le pietre contro i soldati. Vuole morire da eroe. Marwan, 19 anni: vuole liberare la Palestina. Questa generazione non ha vissuto l’Intifada ed è convinta ciecamente di poter liberare la Palestina che affermano spetti loro di diritto. I giovani rivendicano la liberazione di colonie israeliani nei pressi di Ramallah, capitale dello stato palestinese. In pochi giorni ci sono stati oltre 150 feriti. I facinorosi si sono scontrati con l’esercito.  E’ dunque questa l’avanguardia palestinese, composta da giovani profughi che vogliono vincere l’Esercito Israeliano, uno degli eserciti più potenti del mondo perché questa è la loro missione, questa è la risposta al sionismo: l’Intifada 3.0.

Intifada 3.0: i social media, la TV che ritrae il sindaco di Gerusalemme Nir Barkar con un fucile in mano. Incita ad uscire. A imbracciare le armi. Un fuggi fuggi generale. Un continuo si salvi chi può. Gerusalemme non è più al sicuro!