Intervista Gio Evan: “Quello che metto sui fogli sono amori, non amanti”

Il nome Gio Evan gli è stato dato da un Hopi in Argentina nel periodo dal 2007 al 2014 durante il quale ha viaggiato tra India, Europa e Sud America con l’aiuto di una bicicletta. Da allora, di quel nome ne ha fatto tesoro e Gio Evan oggi può definirsi il “fabbricatore di poesie” dei social network. Il suo modo semplice e intenso di raccontare la vita e la quotidianità delle relazioni e degli affetti lo ha portato ad essere apprezzato da adolescenti ed adulti che sui social come Instagram e Facebook lo seguono e condividono i suoi versi. Basti pensare che ad oggi Gio Evan conta più di centosessantatremila persone su Facebbok e duecentotredicimila followers su Instagram.

Ma Gio Evan non è solo un poeta, ma un artista a trecentosessanta gradi. Basti sapere che  “Capita a volte che ti penso sempre”, libro edito da Rizzoli, pubblicato il 18 giugno e andato in ristampa dopo soli otto giorni e primo in classifica Amazon per due settimane, è solo il suo ultimo libro. Nel suo curriculum si annoverano “Il florilegio passato” (2008), un progetto musicale “Le scarpe del vento” (2012 – 2013), il disco “Cranioterapia”, due progetti “Gigantografie” e “Le poesie più piccole del mondo“ (2014) seguiti dai libri “La bella maniera” e “Teorema di un salto” editi da Narcisuss e “Passa a sorprendermi”(2016), libro pubblicato per Miraggi Edizioni e che lo ha consacrato come uno dei più influenti poeti contemporanei della scena italiana. Nella vita da artista di Gio Evan non c’è solo la poesia, ma anche il teatro e la musica. Dopo il “Sorprendermi Tour”, Gio Evan è in scena con lo spettacolo “Inopia” ed ha pubblicato due canzoni come “Più in alto” e “Posti” che hanno raggiunto molti consensi.

Noi di Social Up l’abbiamo intervistato e ci siamo fatti raccontare il suo modo di essere artista e i suoi programmi futuri. E poi ha fatto un regalo ai nostri lettori…

Gio Evan: poeta, cantautore, cantante e umorista. Come hai scoperto di avere così tanti talenti?

In verità, uno è interconnesso con l’altro, nel mio caso non lo chiamerei talento ma “ascolto”. Io mi metto a loro disposizione, sono un loro amante e devoto, possono fare di me quello che vogliono. Se mi chiedi invece perché io mi sia completamente concesso a loro, allora la chiamo “urgenza”, urge profondità, urge arte, urge trascesa.


Tra questi, di quale non potresti farne a meno?

Non potrei fare a meno della visione d’insieme. Non rinuncerei mai allo sguardo che ho imparato a mantenere mentre contemplo la vita. Non rinuncerei mai alla profondità, al dentro.

Quanto ha influito sulla tua popolarità l’uso dei social network? Considerando la tua esperienza, credi che sia davvero cambiato il modo di farsi conoscere e di interagire con i lettori?

Se ci fosse stato un altro mezzo avrei usato quello. Se l’evoluzione tecnologica avesse agito a favore del calamaio per la scrittura e della strada al posto del teatro, starei in piazza con una piuma d’oca oggi. Il web è sicuramente un luogo dinamico, dove trovare una cosa interessante viene più facile, dove tenersela stretta viene comoda. Basta saper sfruttare quello che il tempo ci dona.

Le tue poesie sono autentiche dichiarazioni d’amore o celebrazioni di donne forti e coraggiose. C’è qualcosa di autobiografico? Ti va di raccontarcelo?

Le mie poesie non sono dichiarazioni d’amore né celebrazioni di donne. Io non scrivo d’amore, mai, io non ho mai scritto d’amore. Io scrivo con amore, con, vuol dire insieme. Amo, amo terribilmente la vita e la conoscenza, amo la ricerca e l’esperienza, quello che metto sui fogli sono amori, non amanti. Quando scrivo una poesia che inizia con “lei” non parlo per forza di una donna, anche quando mi rivolgo all’anima o alla vita o a una foglia devo usare “lei”. La vita è più vasta di quello che percepiamo noi. Dovremmo iniziare ad esercitarci di più sul concetto di vastità, di infinito. Riguardo al “autobiografico” il mio amico e maestro Federico Fellini diceva, sono autobiografico anche quando parlo di una sogliola, così la vivo anche io.

Chi sono i venerati maestri di Gio Evan?

Tutte le persone con un’elevata capacità di sorprendere, di stravolgere, di uscire dalle righe, di non accettare le cose imposte. Tutte le persone che preferiscono farsi domande che dare agli altri risposte. Che sia un giardiniere, che sia un gelataio, un bambino o un tramonto, loro sono i miei maestri.

Sei in giro per l’Italia con il tuo spettacolo “Inopia”. Da dove è nata l’idea? Cosa porti in scena?

Inopia nasce dalla mia accettazione come essere indifeso, inerme, piccolo. È la voglia di vendicare -con amore- i messi da parte, i famosi “sfigati”, gli umili. È un abbraccio a tutte le persone che si sono ritrovate sole quando cercavano qualcuno che credessero in loro. Inopia sono io che dico a loro “ei ragazzi, ci sono, scusate il ritardo, eccomi, io credo in voi”.

Con il singolo “Più in alto” hai debuttato nella musica ricevendo subito consensi. Di recente è uscito il tuo secondo singolo “Posti”. Che differenza c’è tra scrivere poesie e comporre musica?

Sono due tempi diversi da rispettare, ma questo è soggettivo, parlo per me. Con la poesia sono intimo, mi svuoto e riempio di altro, mi guardo dentro, mi guardo fuori e testimonio la vita. Mentre con la musica ci gioco di più, faccio citazioni, complico il pane, azzardo.

Cosa c’è in programma per i prossimi mesi?

A Gennaio Inopia diventerà “inopia oro” cambieremo varie forme, musiche e rinfrescheremo questo progetto seppur ancor giovanissimo. Poi si riparte in primavera con l’uscita del mio primo album per MArteLabel, la mia etichetta, e Aprile sempre con Rizzoli usciremo un nuovo libro.

Dedicheresti una delle tue poesie ai nostri lettori?

Io ve le dedicherei tutte a dire il vero, ma se amate l’intimità e ne volete solo una, vi dedico questa.

 

TU VALI

Tu vali un amore che ti faccia da fratello da amica e da dottore che ti faccia da sveglia da tempesta e da usignolo che sia la rondine che ti prepara alla primavera che sia l’amaca per i tuoi agosti la terra per la tua corsa

tu vali un amore che non sia solo un amore che non si giudichi dal letto o dallo spazzolino condiviso tu vali una guerra due occhi la pace una tequila e un sabato che non finisce

ti meriti una chiacchierata fino all’alba un bacio con ancora la forza di far arrossire un amore che sia migliore amica figlia madre cielo zucchero

ti meriti che quando la gente ti vede passare senta a pelle che sei amata.

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Sandy Sciuto