Il Ninja Nainggolan

Ci sono giocatori bravi nella fase offensiva, capaci di finalizzare e segnare goal importanti, e giocatori bravi in quella difensiva, capaci di erigere un muro invalicabile per gli avversari e recuperare palloni. E poi c’è Radja Nainggolan. Un giocatore come pochi, capace di interpretare al meglio entrambe le fasi e di diventare l’anima della squadra in cui gioca. Lo sanno bene i tifosi della Roma che hanno imparato ad apprezzarlo e amarlo, così come i tecnici che lo hanno allenato e che hanno potuto contare su un jolly di centrocampo davvero insostituibile. Anche i più dubbiosi, quelli che lo consideravano più un calciatore di quantità che di qualità si sono dovuti ricredere quando Luciano Spalletti ha deciso di spostarlo in avanti (ruolo già ricoperto in qualche occasione a Cagliari) facendolo agire alle spalle degli attaccanti e dandogli la possibilità di vedere da più vicino lo specchio della porta e di realizzare più goal. E le sue bordate da fuori hanno dato ragione al tecnico giallorosso. La storia di Radja inizia in Belgio dove muove calcisticamente i suoi primi passi nei vivai di alcuni club del paese fino a quando il procuratore Alessandro Beltrami non si accorge del grandissimo potenziale del ragazzo e lo segnala al Piacenza.

A 18 anni appena compiuti esordisce con la prima squadra dei piacentini, diventando pian piano uno dei suoi punti fermi. Nelle battute finali del mercato di riparazione del 2010 il Cagliari decide di investire sul belga e di portarlo in Sardegna facendolo esordire subito contro l’Inter di José Mourinho. Squadra diversa, stessa storia: da lì a poco Nainggolan diventa un perno fondamentale della formazione rossoblu, classificandosi al primo posto per diverse annate tra i giocatori con più contrasti vinti e guadagnandosi un posto nella top 11 di tutti i tempi dei calciatori del Cagliari eletta dai tifosi sardi. Inevitabilmente le buone prestazioni del centrocampista attirano le attenzioni di numerose big di tutta Europa. Alla fine però a spuntarla è la Roma che lo porta nella Capitale nel gennaio del 2014. Anche in maglia giallorossa Radja conquista a suon di sudore, tackle e buone prestazioni un posto nell’undici titolare dei vari tecnici passati da Roma e diventa sempre più un leader sia dentro che fuori dal campo. Tatuaggi e cresta, tratti orientali (il padre era indonesiano) Radja è per tutti, sin dai tempi del Cagliari, “il ninja”. Un calciatore mai banale in tutto per tutto e il sogno di ogni allenatore che punta a costruire una grande squadra, dal momento che si parla di uno dei centrocampisti più completi del panorama mondiale. L’ennesimo prodotto della scuola belga che, negli ultimi anni, ha regalato tanti talenti a questo gioco, seppur il merito della crescita di Radja come calciatore anche al nostro paese visto che fece le valigie e intraprese il suo viaggio verso il calcio italiano quando era poco più che un ragazzino. Ma anche nel suo paese il centrocampista è riuscito a lasciare il segno, diventando uno dei pilastri della Nazionale e segnalandosi tra i migliori giocatori del torneo in occasione degli ultimi Europei disputati in Francia (in cui il calciatore della Roma ha anche messo a segno 2 reti).

Oggi Nainggolan è un uomo, un uomo che ha costruito la propria carriera sul sacrificio e sul duro lavoro, un uomo di quelli che non si sente arrivato ma che anzi lavora per migliorare e che dà, partita dopo partita, sempre il massimo. Per questo, nonostante le tante richieste ricevute anche la scorsa estate, la Roma non si è voluto privare del belga vero e proprio metronomo tra attacco e difesa. Per questo è riuscito ad entrare rapidamente nel cuore di tutti i tifosi delle squadre di cui ha vestito la maglia, ultima quella giallorossa. Nainggolan è l’emblema del calcio moderno, un giocatore a tutto tondo che racchiude in sé le caratteristiche e le capacità che di norma sarebbero rintracciabili unendo quelle di due o tre calciatori diversi. Un calciatore che, aldilà che si sia tifosi o meno della squadra per cui gioca, è impossibile non apprezzare e non amare, non solo per le doti tecniche ma anche e soprattutto per quello che mette in campo. Aggressivo, presente, a volte persino minaccioso, uno di quelli che preferisce far parlare il campo e per cui inevitabilmente fra qualche anno non si potrà non provare nostalgia. Silenzioso ma letale, proprio come un ninja.

Articolo tratto da Falso Nueve la Rivista