Il macellaio di carne umana: la storia di Robert Berdella, dall’infanzia fino alla fine

Trascorre intere giornate da solo al cinema ed in particolar modo viene colpito da un film: Il collezionista, che racconta la storia di un uomo che sequestra una donna, da cui era ossessionato, recludendola nella sua cantina fino a che la stessa non acconsente a soddisfare tutti i suoi desideri. Come in seguito lo stesso Robert dichiarerà, questo film fu per lui un’illuminazione.

Nel ’67, a 18anni, Robert entra all’Istituto d’Arte del Kansas, ma non terminerà mai gli studi, poiché inizia a utilizzare alcool e droghe a un ritmo allarmante, fino a quando, arrestato per possesso di stupefacenti, viene condannato a cinque anni, con pena sospesa. Successivamente comincia a lavorare in un ristorante riscuotendo un buon successo, tanto da potersi permettere l’acquisto di una casa, conducendo così una vita apparentemente tranquilla. Nel 1981 apre un piccolo negozio  “Bob’s Bazaar Bizarre” dove vende anche oggetti di antiquariato.

Dopo una tormentata storia con un reduce dalla guerra in Vietnam inizia a frequentare ragazzi di strada, e continuerà a frequentarli anche se si legherà sentimentalmente ad altri uomini, con cui dividerà la sua abitazione. 

Da questo momento tutte le sue perversioni e i suoi omicidi saranno appuntati minuziosamente in un diario, e alcuni di essi saranno addirittura registrati in videocassette e allegati al diario con alcune fotografie delle vittime scattate con la sua Polaroid.

La fine dei suoi orrori termina quando adesca il giovane Chris Bryson: Robert dopo averlo invitato ad una festa e avergli fatto credere di aver studiato arte, lo porta a casa sua per mostragli i suoi dipinti. Ma una volta giunti in casa Bryson viene colpito alla testa e viene costretto ad iniettarsi droga mentre è ancora intontito. Una volta rinvenuto si ritroverà legato al letto con la bocca tappata. Berdella a questo punto lo violenterà e per tutta la notte lo picchierà, documentando in seguito nel suo diario tutte le torture inflitte alla povera vittima.

La mattina seguente, dopo avergli spruzzato negli occhi dell’alcool, si siede davanti a lui e con la solita mazza di ferro infierisce sulle mani e sulle ginocchia, fotografando ogni minimo dettaglio e mostrando al povero Chris le immagini delle precedenti vittime, minacciandolo di morte nel caso in cui si fosse rifiutato di collaborare. A questo punto il giovane diventa un giocatolo umano nelle sue mani. Per quattro giorni infatti Bryson sarà violentato e torturato ripetutamente. Il quinto giorno, come ricompensa per il comportamento assunto fino a quel momento, Berdella gli lega le mani sopra la fronte. Non più immobilizzato a letto, Bryson, riesce a liberarsi e a saltare fuori dalla finestra della stanza, nudo e con un collare da cane al collo. Un vicino di casa vede Bryson esausto chiedere aiuto, e immediatamente chiama la polizia. Quando gli agenti arrivano aiutano Chris e lo coprono con una coperta.

Chris racconta loro la sua storia nei minimi particolari. I poliziotti decidono di attendere il ritorno di Berdella per arrestarlo con l’accusa di violenza sessuale. Durante il processo l’omicida dichiara di essere un uomo normale e persino buono e per dimostrare la sue affermazioni dice di voler donare un fondo alle famiglie delle vittime pari a 50mila dollari.


Questa affermazione viene però considerata come un insulto sia dalla giuria che dai familiari stessi. Il processo si conclude con una condanna del Berdella a cinque anni di carcere, ma lui ne sconterà solo quattro perché l’8 ottobre 1992 morirà a causa di un attacco di cuore. In una delle sue ultime dichiarazioni dirà che le guardie non gli fornivano a sufficienza farmaci cardiaci.