Il “curriculum muto”: l’ultima frontiera del colloquio

Efficenza, competenza e innovazione queste sono le parole d’ordine per essere competitivi durante un colloquio di lavoro. Tuttavia è finito il periodo in cui presentarsi con alle spalle un’università prestigiosa poteva darti qualche punto in più agli occhi dei selezionatori. Che tu sia laureato nel piccolo ateneo del Molise o nella prestigiosissima Cambridge non ha più importanza; ciò che conta è la determinazione, la scaltrezza e i voti.

Questa è la filosofia adottata da Deloitte, colosso delle consulenze e revisioni, che ha appena annunciato ufficialmente che le prossime assunzioni in Gran Bretagna non terranno conto dell’istituto in cui si è ottenuta la laurea. La motivazione? Evitare preferenze inconsce, dovute alla nomea degli atenei, per cercare di valorizzare i singoli indipendentemente da dove hanno studiato. Lo scopo è quello di assumere dipendenti con caratteristiche diverse, che provengono da ambienti differenti, anche più poveri e meno esclusivi, in grado di portare alla società nuove proposte e spinte per migliorare.

Per essere certi che i candidati, durante il colloquio, vengano valutati in base a come si propongono, alla validità di quello che dicono e alla sicurezza che dimostrano argomentando, l’azienda ha deciso che alla commissione che li esaminerà non verrà segnalata l’università di provenienza. I responsabili del personale dovranno, invece, prendere in considerare da dove arrivano i giovani che aspirano all’assunzione e le loro origini, in quanto molto spesso l’eccellenza raggiunta da un giovane che arriva da una famiglia semplice o povera può essere garanzia di una volontà di ferro.

La chiave del successo di un’azienda sembra essere per la Deloitte l’assunzione di personale che pensa in modo diverso dalla massa, che possa apportare stimoli innovativi e nuove suggestioni, anche a fronte di un passato non costellato da partite a golf e circoli esclusivi. Insomma chi ottiene il massimo dei voti in una scuola superiore di serie B, dove la media degli studenti supera l’anno per il rotto della cuffia, deve sicuramente essere un tipo in gamba! L’obiettivo finale è reclutare candidati con un forte potenziale, componente non valutabile solo prendendo in considerazione l’università dove hanno trascorso i loro ultimi anni.

Ancora una volta la Gran Bretagna ci insegna che la meritocrazia può esistere nel mondo del lavoro, andando oltre i pregiudizi e le influenze dei grandi nomi che spesso non rappresentano altro che fumo negli occhi.

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Claudia Ruiz