I “Citatori seriali” ed i social network

Siamo tutti poeti diceva qualcuno. Una frase che è diventata il mantra da seguire per quei facebookiani di tutte le età che privi di frasi d’effetto o di parole argute hanno trovato nel dio Google la nuova fonte d’ispirazioni per trasformarsi in maestri del frasario e degli aforismi, in grado di trovare –o sarebbe più corretto cercare- la frase giusta per ogni occasione importante, dal compleanno della nonna ultracentenaria all’onomastico del cuginetto, senza ovviamente conoscere una cippa lippa né dell’autore né dell’opera citata. Il fenomeno dell’anno che non conosce crisi o calo di ascolti.

Ed ecco che i nostri novelli parolieri scrivono anzi copiano e incollano ogni tipo di aforisma che google riesce a sfornare puntuale e preciso quanto un panettiere extracomunitario in nero. Uno scorcio della società nostrana che riflette la decadenza culturale di un mondo sempre più digitalizzato e informato e allo stesso tempo sempre più becero e ignorante (qualcuno ha sentito parlare di web-bufale?). Una cultura preconfezionata a portata di tutti come se fosse un banale articolo da Discount.

Ovviamente non vogliamo criticare  il buon web user affamato di “mi piace” che decide di pubblicare una frase figa presa da internet (o forse si???), però sarebbe opportuno che, se la frase ci ha colpito, questa possa diventare uno stimolo ad una conoscenza più approfondita dell’opera o dell’autore. Un modo per allargare i nostri orizzonti culturali e ringraziare nel modo migliore chi sapientemente e senza internet ha saputo plasmare le parole creando quella squisita citazione che illuminerà la nostra bacheca agli occhi degli amici spettatori del grande reality chiamato Facebook.

Siamo tutti poeti poiché abbiamo trasformato la figura affascinante a tratti maledetta e a tratti romantica dell’uomo che riesce con le sole parole a trasformare l’emozioni in scrittura e voce in un mestiere qualunque, privandolo del misticismo e della “divinità” di cui il poeta arcaico era investito. Non il decadente o lo “svitato” che si distingue dalla massa e che dalla massa viene adulato o deriso, ma l’uomo comune simbolo di un qualunquismo che è caratteristica primaria della nostra società. Perché se il selfie è diventato il modo migliore per esprimere la nostra esteriorità e misura della nostra stima, gli aforismi rappresentano i selfie del nostro io interiore, per sentirci apprezzati sia nel fisico che nella mente nel magico mondo di Facebook.

Fulvio Mammana