Gli occhi di Kepler alla scoperta di nuovi pianeti

Johannes von Kepler (o Giovanni Keplero) fu un astronomo e matematico che per la prima volta formulò delle leggi in grado di descrivere il moto dei pianeti. Kepler è adesso il nome di un telescopio spaziale, lanciato in orbita nel 2009, che guarda ai pianeti con occhi diversi per rivelarci cose di cui abbiamo sempre ignorato l’esistenza. Gli esopianeti scoperti nel corso dei progetti precedenti sono in maggioranza pianeti giganti, grandi quanto Giove e anche di più. Kepler è stato calibrato per cercare pianeti di massa fino a 600 volte minore di quella di Giove.

Un cacciatore di pianeti vero e proprio, progettato per sondare una parte della Via Lattea, quella che teoricamente può ospitare pianeti abitabili, e cercare in essa stelle simili al sole dotate di pianeti e, di conseguenza, pianeti simili alla Terra. Cercare pianeti a diversi anni luce da noi non è certamente una cosa semplice né possiamo immaginare che siano semplici da vedere direttamente; questo vale persino per un occhio orbitante come quello di Kepler. Più che “biglie innamorate della propria stella”, Kepler ha cercato, parlando impropriamente, delle eclissi.

Ha monitorato la luminosità di più di 145000 stelle attraverso un fotometro, restringendo il suo campo visivo alle costellazioni del Cigno, della Lira e del Drago. Ha pazientemente atteso e rilevato delle periodiche diminuzioni della luminosità delle stelle sotto osservazione, potenzialmente compatibili con l’orbita regolare di pianeti che periodicamente transitano davanti alla propria stella. I dati, ovviamente trasmessi a terra, dopo una prima scrematura sono stati elaborati e studiati dalla NASA. Il lavoro fatto fino ad ora è sicuramente grandioso, ma necessita di numerose conferme. La notizia più stupefacende di tutte è, forse, quella risalente a luglio 2015, quando è stata annunciata la scoperta di Kepler-452 b, il primo pianeta di dimensioni simili alla Terra orbitante nella zona abitabile di una stella di per sé simile al sole: Kepler-452. Per zona abitabile di una stella si intende quello spazio al suo intorno in cui la temperatura è tale da consentire la presenza di acqua allo stato liquido, condizione imprescindibile alla vita umana.

L’animazione in basso, realizzata dal fantasmagorico Jer Thorp, prova a darci un’idea di cosa ha visto l’occhio di Kepler, o meglio di cosa ha scelto di vedere. La miriade di puntini colorati, abbastanza da farci girare la testa, altro non sono che i 1236 candidati esopianeti individuati dalla missione. I due più importanti di tutti, etichettati con un numero in bella vista, sono quelli che, più di tutti gli altri, rispettano i criteri di abitabilità.
Per consentire una rappresentazione grafica, essi sono disegnati come se tutti orbitassero intorno alla stessa stessa, tuttavia non è assolutamente così. Si tratterebbe di una situazione a dir poco disastrosa.

Anche i colori non sono scelti a caso, essi fanno riferimento alla temperatura del pianeta e vanno dal rosso, più caldo, a varie tonalità di blu, pianeti che si pensa siano freddi.
La rappresentazione, per quanto semplificata, è così accurata da tener conto anche della velocità di movimento di ciascun pianeta! Mercurio, la Terra, Marte e via dicendo sono inseriti come punti di riferimento. Questo ci aiuta a capire quanto piccolo sia in realtà il mondo che abitiamo rispetto agli infiniti mondi possibili che orbitano per l’universo!

E adesso? Kepler ha ancora molto da raccontarci e lo farà con la missione K2-C9. Tutti i pianeti trovati con le precedenti missioni, infatti, orbitano piuttosto vicini alla propria stella. Questo perché è più semplice individuare i pianeti in presenza di luce. Molto più difficile è individuare pianeti che si muovono ad una distanza maggiore, in una zona, per così dire, “poco illuminata”. Questa la nuova sfida!

Silvia D'Amico