Gli adolescenti e le loro app segrete

Il mondo dei social network governa le nostre giornate, detta i nostri tempi e diventa il nostro curriculum; tutta la nostra vita è di dominio pubblico. Ma non si parla di realtà, ma di una vita come servizio fotografico, in autocelebrazione tra Photoshop, luci perfette e il filtro giusto. Il rapporto della Generation Z (ragazzi nati tra il 1996 e il 2010) con questi strumenti è ben diverso. Per loro, Facebook è da vecchi (nel 2014 il 25 per cento dei 13-17enni l’ha lasciato), Instagram rischioso; sicuramente un selfie provocante può dare popolarità, ma danneggiare reputazione e prospettive di carriera. Meglio app non solo più veloci, ma che promettono una maggiore privacy. Così il mondo dei social risponde alle loro esigenze: li chiamano “finstagrams“, crasi di “fake Instagrams”. Sono degli account privati, con pseudonimi e pochissimi follower, solo i veri amici, creati da teenager per esprimere ciò che sono senza filtri. Si pubblicano foto sfocate o poco lusinghiere, brufoli e rotolini, gaffe, storie di vite banalissime; tutto ciò che in pubblico non posteresti mai!

Gli stessi principi che governano Instagram, su Finstagram sono deliberatamente ignorati.
Altre app simili per comunicare nel rispetto della privacy sono: Whisper, per gossippare nell’anonimato; Snapchat, che elimina i messaggi dopo alcuni secondi; Telegram, criptato. L’unico difetto è la geolocalizzazione.

In un articolo del New York Times, Leora Trub, psicologa clinica, ha affermato che “i “Finstas” sono una chance per essere se stessi. Creata da adolescenti affamati di realismo e intimità, stanchi di correre dietro ai propri avatar impeccabili”. C’è quindi chi si è ribellato a questa tirannia delle immagini perfette, come Essena O’Neill, la 18enne modella australiana che ha cancellato tutte le sue foto e rinominato il proprio account “Social Media Is Not Real Life”.

Sicuramente limitate i follower agli amici veri, che non ti giudicano né ti prendono in giro, garantisce una maggiore serenità e incoraggia ad affermare la propria identità senza timori. Tuttavia, la segretezza non è sempre senza rischi. Ad esempio, negli Stati Uniti, tra 2 e 10 milioni di teenager usano After School, un’app per smartphone inaccessibile agli adulti che permette di postare nell’anonimato, su una bacheca dedicata alla propria scuola, ansie, paure, sbandate per coetanei. Nata un anno fa, sembrava uno spazio protetto dove affrontare i disagi dell’età senza temere di venir giudicati. Purtroppo, è diventata presto anche un veicolo per bullismo e maldicenze. Certo il cyberbullismo non è nato ieri; esistono app come Secret e Whisper che sono focolari di invidia e maldicenze. Tuttavia, After School si rivolge esclusivamente ai minori, così per genitori e insegnanti accedere all’app è più complesso in quanto devono creare dei fake, con il rischio comunque di essere bloccati.

Insulti su ragazzi in sovrappeso o dissonoinati sono ancora all’ordine del giorno, come messaggi espliciti di abusi sessuali che si vorrebbero perpetrare su una ragazza. In realtà il mondo dei social network e dei siti che invogliano a tenerci in contatto e uniti, hanno l’effetto opposto, quello di lasciarci soli.

Claudia Ruiz