F1 vendesi: i rischi che può correre il Circus con il cambio di proprietà

Prima ancora che possa calare il sipario sulla stagione in corso, la Formula 1 sembra essere giunta ad un crocevia che può sensibilmente segnarne la storia. Le voci riguardo il passaggio di proprietà che già circolavano da inizio estate hanno subito un’evidente intensificazione negli ultimi giorni, in concomitanza con il weekend del Gran Premio di Russia.

Le indiscrezioni trapelate dal paddock di Sochi confermano il particolare interesse del fondo statale Qatar Sports Investment e del magnate americano Stephen Ross, proprietario della squadra di football dei Miami Dolphins. Stando a quanto riportato dal Financial Times, il passaggio delle chiavi del Grande Circus è imminente; l’accordo, stimato intorno ai 7,5 miliardi di euro, potrebbe essere definitivamente chiuso nel giro di 30 giorni. In questo momento il pacchetto azionario di maggioranza (pari al 35,5%) è detenuto dalla CVC Capital Partners, il gruppo di investimento lussemburghese pronto ad ingaggiare il tira e molla che può portare al cambio di proprietà.

L’attuale boss della F1 Bernie Ecclestone, intanto, si concede un immediato dietrofront riguardo l’idea di cedere il suo prezioso 5,3%, affermando inoltre di aver ricevuto dalle 3 parti interessate alla proprietà l’offerta di mantenere la sua carica di amministratore delegato.

La permanenza di Ecclestone risulta essere un punto di snodo di fondamentale importanza per il futuro. Maestro nella commercializzazione del prodotto F1 a partire dal lontano 1978, l’imprenditore britannico si è contraddistinto in tutti questi anni per aver assegnato un’impronta significativa a questo sport, aumentandone sensibilmente il bacino di appassionati.

E’ evidente che la sua esperienza e personalità saranno difficilmente sostituibili ed individuabili in un singolo erede, ragione per cui l’arrivo di nuovi imprenditori, presumibilmente distanti dalla filosofia seguita in questo ambiente, potrebbe portarsi con sé una serie di punti interrogativi.

La possibilità che gli equilibri vengano cambiati ed il format attuale snaturato risiede nella provenienza dei nuovi potenziali acquirenti. Difatti, il rischio di perdere altri appuntamenti europei in calendario preferendo maggiormente le tappe americane o asiatiche è piuttosto elevato; un vero e proprio guaio per molti dei tracciati storici su cui si corre dalla nascita della F1. Già orfana del GP di Francia dal 2009 e di quello di Germania da quest’anno, il Circus rischia di privarsi anche di Silverstone (sede del GP di Gran Bretagna) e Monza, da tempo in lotta per il rinnovo del contratto per la sua permanenza nella massima Formula.

Un altro fattore potrebbe riguardare l’atteggiamento rivolto verso i team minori, da sempre appoggiati e supportati da Ecclestone; l’ultimo esempio risale a solo due settimane fa durante il weekend in Giappone, quando il manager 84enne ha concesso un prestito alla frastornata Lotus permettendole di usufruire anche del servizio catering che gli era stato negato dagli organizzatori del circuito.

L’unica certezza sul 2016 sembra essere soltanto il nuovo calendario che prevede ben 21 gare. Per il resto, sulla prossima stagione deve ancora essere fatta molta luce.

Giuseppe Forte