Evento di Tunguska, il mistero più grande della storia recente

Difficile essere originali quando centinaia di pagine sono state scritte sull’argomento, di certo non è nostro compito oggi far luce su ciò che accadde a Tunguska in quel mattino del 30 giugno del 1908. Tuttavia vogliamo rischiare di annoiarvi raccontandovi questa storia, misteriosa di certo, che in pochi conoscono.

Il 30 giugno 1908 una esplosione di energia stimata tra i 15 e i 50 Megatoni abbatte 80 milioni di alberi in una sperduta regione della Siberia Centrale. Una palla infuocata ha squarciato il cielo, seguita immediatamente da un boato udito fino a 1000 km di distanza. Da quel preciso momento la terra cominciò a tremare e i sussulti non vengono percepiti solamente dalle popolazioni del luogo. Le stazioni sismiche di Irkutsk, Tashkent e Tiflis rilevarono quelle scosse e le loro osservazioni due anni dopo l’evento. Tre anni più tardi sarà la volta dei dati raccolti a Jena, ma bisognerà attendere il 1925 affinché le onde sismiche vengano ricollegate a qualcosa di misterioso accaduto in Siberia. L’evento fu così fuori dall’ordinario che quella immane esplosione venne rilevata dai barografi persino in Gran Bretagna, e saranno proprio i dati sismici e barometrici che consentiranno l’accurata collocazione temporale dell’evento alle ore 07:14, con discordanze massime di un minuto. Le notti a seguire strani fenomeni interessarono la zona dell’esplosione, alcuni già noti agli astronomi – per esempio le nubi nottilucenti – altri assolutamente inediti, quali le cosiddette notti luminose, nel corso delle quali si riesce a leggere un giornale senza alcuna luce artificiale.

L’area viene esplorata solo vent’anni più tardi da L. Kulik, un mineralista dell’Università di San Pietroburgo, che riesce, in mezzo a grandi difficoltà, a trovare la zona devastata. Attraverso una serie di spedizioni avvenute tra tra il 1927 e il 1938, Kulik riuscì a raccoglie numerosi indizi; lo studioso arrivò alla conclusione che la devastazione è stata provocata dall’esplosione in cielo di un asteroide, tuttavia non si riuscì mai a trovare meteoriti o tracce inequivocabili di materiale di origine extraterrestre. Ciò che colpisce più di tutto è l’immagine di  2150 chilometri quadrati di foresta siberiana distrutti, 80 milioni di alberi sradicati e buttati a terra con una violenza inaudita e allineati a raggiera intorno all’epicentro di quella spaventosa deflagrazione.

Se sull’origine cosmica gli studiosi sembrano non avere dubbi, sulla natura di quell’oggetto, invece, si sono sempre fronteggiate due distinte scuole di pensiero: per i ricercatori sovietici si trattò di un oggetto cometario, mentre per quelli occidentali la sua natura era asteroidale. Tuttavia, non esistono elementi validi per escludere una delle due ipotesi. Nel 1999, una spedizione scientifica italiana riesce a esplorare la zona dell’esplosione e in particolare un piccolo lago, il Lago Cheko, a circa 10 chilometri dall’epicentro dell’esplosione, che viene interpretato come un cratere da impatto. Si apre a questo punto un dibattito tra geologi da un lato e i cosiddetti impattologi dall’altro. I primi hanno raccolto evidenze molto convincenti che il lago si è formato nel 1908 per l’impatto di un grosso frammento di un corpo cosmico (asteroide o cometa) sopravvissuto all’entrata nell’atmosfera. I modelli teorici degli impattologi, invece, negano la possibilità che un frammento cosmico roccioso in quelle condizioni possa giungere fino al suolo. I dubbi sollevati frenano l’impegno dei finanziamenti necessari per la perforazione del lago e bloccano in qualche modo la ricerca del grosso frammento del meteorite di Tunguska in fondo al Lago Cheko.

Il mistero di Tunguska è diventato negli anni lo spunto per romanzi di fantascienza, alimentati da una serie di ipotesi tra il suggestivo e lo strampalato, come l’esplosione di un’astronave aliena o la disintegrazione di un piccolo buco nero. Le teorie ufologiche chiamavano in causa varie tecnologie di origine extraterrestre per spiegare gli avvenimenti, per esempio lo scrittore siberiano A. Kozantsev ipotizzò che i danni fossero dovuti all’esplosione di una nave spaziale aliena alla quota di 10-15 chilometri da terra.  Due professori dell’Università del Texas ipotizzarono che l’evento fosse la conseguenza del passaggio di un buco nero di piccolissime dimensioni, che avrebbe attraversato il pianeta “entrando” da Tunguska e “uscendo” dalla parte opposta. Tale ipotesi tuttavia non spiegava in maniera soddisfacente l’evento e poneva ulteriori problemi (ad esempio l’assenza di qualsiasi perturbazione nell’ipotetico punto di uscita) e non trovò consenso nella comunità scientifica.

Claudia Ruiz