Correre a Milano fa male?

Qualche giorno fa noi di Social Up eravamo in preda ad una tediosa domanda. Una domanda frutto della nostra mancanza più che totale di voler fare attività fisica e così, alla ricerca di disperate risposte che ci potessero in qualche modo sviare da questa terribile idea abbiamo trovato su internet la soluzione a tutti i mali: correre a Milano fa male.

Inizialmente credevamo fosse una barzelletta, qualcuno che volesse farci forti del nostro non volere andare a correre, ma abbiamo scoperto qualcosa di più interessante. Partiamo dal presupposto che per molta gente non vi è alternativa al correre in città e che quindi per forza di cose chi ama il running non rinuncerebbe ugualmente: non tutti hanno la possibilità di raggiungere un parco, un bosco o un area verde.

Correre in città, tra smog e inquinamento, non è la pratica più sana, inoltre ci sono altri disagi da tenere presente, basterà pensare alle auto che sfrecciano, agli scooter che invadono qualsiasi spazio utile e ai pericoli legati all’uso degli auricolari. Quindi è piuttosto evidente che non è facile rispondere alla domanda “fa male correre nelle grandi città?”. Molto dipende dall’ambiente urbano in cui viviamo e dai tassi di inquinamento. L’Università di Genova ha provato a dare una risposta a questa domanda che potrebbe, una volta per tutte, convincerci a non mettere le scarpe da corsa, ma anzi, farci mettere il pigiama e tornare a guardare Netflix. Il biossido di azoto, uno dei principali inquinanti del traffico urbano, irrita il tessuto polmonare predisponendo i tessuti degli atleti a irritazioni e infezioni respiratorie. Il danno subito dai runner è stato misurato saggiando la quantità di idrossiprolina trovata nelle urine (idrossiprolinuria), valore che indica la degenerazione delle cellule del tessuto polmonare a causa dello smog. I ricercatori del Dipartimento di Scienze della Salute hanno confrontato i livelli di idrossiprolinuria dei runner che erano soliti correre in città (tra smog e inquinamento) con quelli rilevati negli atleti che si allenavano in campagna. Ancora, un confronto è stato fatto con gli utenti che non si allenavano affatto ma che comunque si spostavano in città. La ricerca ha rilevato che:

  1. il contatto con gli inquinanti in chi corre in città è cento volte superiore a quello degli utenti che si spostano in città abitualmente ma senza svolgere attività sportiva.
  2. Il danno è sensibilmente maggiore in chi è costretto a correre in città infatti i livelli di idrossiprolina nei runner di campagna sono risultati di gran lunga inferiori.

Cari lettori, benché questo studio non tenga conto di molti fattori come l’impatto che hanno le polveri sottili su chi sceglie di correre in città. Non è difficile reperire dati sui danni delle polveri sottili, basta spulciare nell’Archivio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità o in quello dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, quest’ultimo annovera le polveri sottili nel cosiddetto “gruppo 1”, cioè tra i fattori che aumentano considerevolmente i rischi di contrarre il cancro. Il progetto “European Study of Cohortes for Air Pollution Effects ha coinvolto 300.000 persone e non lascia dubbi sui danni delle polveri sottili (PM 10 e PM 2,5), legate soprattutto all’inquinamento da traffico, per ogni incremento di 5 μg/m3 di PM 2,5, il rischio relativo di ammalarsi di tumore al polmone aumenta del 18%, mentre cresce del 22% a ogni aumento di 10 μg/m3 di PM 10. Sono quindi le polveri sottili le principali responsabili dell’effetto cancerogeno. Con questi dati non vogliamo fare allarmismo ma solo aprirvi gli occhi sui danni legati all’inquinamento cittadino. Ad ogni modo, noi siamo molto pigri e soprattutto ci piace Netflix, quindi speriamo che a prescindere domani piova!

redazione