Cancellare i brutti ricordi, forse si può

Un gruppo di ricercatori dell’università di Toronto, in Canada, ha recentemente scoperto come individuare i neuroni che custodiscono le cosiddette memorie dolorose, ovvero i ricordi associati a gravi traumi e che, spesso, permangono per tutta la vita compromettendone la qualità. Gli studi, iniziati dieci anni fa ed i cui primi risultati sono stati pubblicati su Science, hanno condotto ad esperimenti sempre più complessi, in cui è stato possibile rimuovere selettivamente i neuroni responsabili di memorie traumatiche in un topo. In futuro, queste scoperte, se confermate anche nell’uomo, potrebbero offrire l’opportunità di cancellare i brutti ricordi dal nostro cervello. Una impresa da fantascienza, più che da scienza vera e propria.

La più ottimista è proprio Sheena Josselyn, ricercatrice e docente dell’Università di Toronto, nonché colei che ha diretto la ricerca sui neuroni della memoria. Durante un intervento al Congresso Annuale dell’American Association for the Advancement of Science, a Boston, ha dichiarato:

“La nostra scoperta rende possibile un giorno trattare pazienti con sindrome post-traumatica da stress cancellandone le memorie traumatiche”.

Il disturbo post-traumatico da stress è un disturbo psichiatrico che insorge in soggetti che hanno vissuto o hanno assistito ad un evento traumatico, spesso legato alla morte e, per questo motivo, è frequentemente associato alle esperienze dei veterani di guerra. Tuttavia, può presentarsi anche in soggetti che hanno subito un forte stress psico-affettivo o altre esperienze fortemente traumatiche per la persona.

Riuscire a rimuovere selettivamente i ricordi responsabili dei traumi peggiori dell’esistenza di un individuo, e che spesso rischiano di essere invalidanti, sarebbe un aiuto non da poco nel recupero dalla malattia.

Risulta evidente, però, che la creazione di un trattamento black-out di questo tipo implica una serie di considerazioni etiche non da poco. Infatti, oltre all’immediato beneficio che questo tipo di pazienti potrebbe trarre, la scoperta significa dare vita ad un tipo di farmaco in grado di modificare la memoria che, in fondo, costituisce l’identità di un individuo, nel bene e nel male. Non da meno, per molte scuole di pensiero della psicoterapia, lasciar riaffiorare i ricordi traumatici e rielaborarli rappresenta la cura per il disagio psicologico.

Non sappiamo ancora quanto questo tipo di terapia sia realmente applicabile, ma di certo se si proseguirà in questa direzione sarà necessario sottoporre il farmaco-reset ad una stretta regolamentazione e limitarne l’uso ai soli casi che non possono essere gestiti con la psicoterapia. Potremmo ritrovarci nel più confuso degli oblii o, forse, questa è solo la volta buona che riusciremo a dimenticare la figuraccia che tanto ci ha fatto vergognare.