Bisturi alla mano: ad Enna una facoltà rumena

Pochi giorni fa ad Enna l’Università Kore ha promosso, attraverso l’associazione “Proserpina” patrocinata dalla stessa università, l’apertura di nuovi corsi di laurea in medicina e farmacia in collaborazione con l’università rumena “Dunarea de Jos” di Galati. Il fatto ha scatenato l’indignazione dei laureandi in quanto tali corsi prevedrebbero per l’ammissione un semplice test on-line, che sostituirebbe il tanto combattuto numero chiuso.

Sebbene l’Unikore abbia affermato che sia naturale che atenei europei sottoscrivano accordi afferenti agli stessi rami di ricerca e che tale accordo non prevede la totale fusione delle facoltà, gli studenti siciliani sono a dir poco sconcertati perché questa trovata vanificherebbe totalmente il valore del test a numero chiuso per il quale molti studenti si sono preparati con non poca fatica. Tale test, assente in alcuni paesi europei, come appunto la Romania, evita di garantire una laurea in medicina ai più, vista anche l’importanza del corso di laurea che si è deciso di intraprendere. E chi sceglierebbe di fare meno fatica?

La notizia è giunta anche a Catania e i giovani rappresentanti della facoltà di medicina hanno indirizzato al Presidente Mattarella, al Premier Renzi e al MIUR questa lettera di disappunto nei confronti di quanto sta accadendo ad Enna con il timore che questo fenomeno possa diventare capillare in altre zone di Italia.

Alla luce delle ultime indiscrezioni in merito all’apertura di una succursale della facoltà di medicina e chirurgia Romena ad Enna; alla luce del fatto che stiamo assistendo ad un massivo rientro di medici di nazionalità italiana, laureati in facoltà estere che non hanno lo sbarramento del test d’accesso. 

Noi studenti di medicina e chirurgia italiani che abbiamo dovuto superare un test avendolo provato magari per più e più volte esprimiamo profonda preoccupazione per il nostro futuro professionale. Qual è il senso del numero chiuso per l’accesso al corso di laurea in medicina e chirurgia in Italia se non esiste un numero programmato di colleghi laureati che dall’estero possono entrare nel mercato del lavoro italiano? 

Chiediamo quindi che vengano prese delle misure che tutelino la professione medica, la quale  inevitabilmente subirà un danno da questo fenomeno, sia dal punto di vista dell’impiego lavorativo che dal punto di vista qualitativo con danno nei confronti dell’utente finale: il paziente.
Chiediamo ad esempio che vi sia un numero programmato di studenti laureati all’estero che possano iscriversi agli ordini dei medici italiani, al fine di evitare che la contrazione dell’offerta formativa subita sin da quest’anno da tutti i corsi di laurea in medicina e chirurgia d’Italia possa essere vana, priva, cioè, di un concreto risultato utile, e che in particolare possa andare a discapito di coloro che non hanno le possibilità economiche necessarie per studiare all’estero o in università private straniere con sede in Italia, al fine di eludere, così, il test d’ingresso
“.

Firmano la lettera Tommaso Piticchio (Senatore accademico dell’Università degli studi di Catania), Ermanno Vitale (Consigliere Scuola “Facoltà di Medicina” e Consigliere Cdl in Medicina e Chirurgia dell’Università degli studi di Catania), Piazza Vincenzo (Consigliere Scuola “Facoltà di Medicina” dell’Università degli studi di Catania), Pennisi Giuliana(Consigliere Cdl in Medicina e Chirurgia dell’Università degli studi di Catania), Nicotra Marco (Consigliere Cdl in Medicina e Chirurgia dell’Università degli studi di Catania).

 

Andrea Colore