I batteri che salveranno Taranto

Immaginate di essere un ricercatore in un laboratorio e di lavorare su tanti batteri all’interno di sedimenti raccolti in mare, il Mar Piccolo di Taranto. La bellissima Taranto, in passato centro di scambio commerciale con Grecia e Asia, la stessa Taranto che sta attraversando periodi bui dovuti al forte inquinamento ambientale. Immaginate che, proprio a caso di questo fenomeno, quei sedimenti siano ricchi di inquinanti che chiameremo Policlorobifenili (o PBC), inquinanti classificati come tossici in quanto persistono nell’ambiente e che grazie alla loro stabilità si accumulano negli esseri viventi, come i mitili (cozze e vongole  ad esempio), gli stessi mitili che vengono coltivati a Taranto, sono alla base dell’economia locale ed entrano a far parte della catena alimentare.

Immaginate,ora, di esser quei ricercatori e di riuscire,  tramite tecniche avanzate di analisi del DNA,  a descrivere la struttura dell’intera comunità microbica presente nei sedimenti.  Studiando proprio quella comunità batterica, scoprite che proprio quei piccoli esseri viventi sono in grado di ridurre gli inquinanti tanto dannosi di cui si è parlato.
Non è solo la vostra immaginazione, ma la realtà. Proprio i batteri che abitano i sedimenti marini di Taranto sono in grado di ridurre il livello di contaminazione di policlorobifenili e sono protagonisti di una importante ricerca  pubblicata sulla rivista Frontiers in Microbiology.

“Lo studio effettuato in scala di laboratorio” racconta Simona Rossetti, ricercatrice dell’Istituto di ricerca sulle acque del Consiglio nazionale delle ricerche (Irsa-Cnr) “ha dimostrato che la comunità microbica del sedimento è in grado, in tempi brevi, di ridurre fino al 70% la concentrazione delle forme più tossiche del contaminante.

I risultati dello studio sono seguiti dal Commissario straordinario per gli interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto, Vera Corbelli che ha sottoscritto un accordo con il Dipartimento scienze del sistema terra e tecnologie per l’ambiente (Dta-Cnr) e con l’Università degli studi di Bari Aldo Moro per valutare possibili applicazioni a scala reale.

Nasce così una nuova speranza per Taranto e viene proprio dal monitoraggio delle comunità batteriche che, forse, potranno essere utilizzate in interventi di risanamento biologico di siti contaminati