Benvenuti a Marinaleda, la città dove la disoccupazione non fa paura!

Bianca e candida come le nuvole, pulita e silenziosa, raccolta e curata nei minimi dettagli: Marinaleda si presenta così. No, non è il paese dei balocchi, ma un piccolo centro abitato di poco meno di 2700 abitanti nel sud della Spagna, in Andalusia, a cento chilometri da Siviglia. Balzata alle cronache come la città dove non esiste la disoccupazione, Marinaleda è un modello esemplare di perfetta riuscita del socialismo.

La storia del suo cambiamento ha inizio alla fine degli anni Settanta quando l’attuale Sindaco Juan Manuel Sánchez Gordillo vinse le prime elezioni democratiche del post-franchismo. Tacciato inizialmente come visionario, il neo sindaco aveva in mente un progetto ben chiaro e non si vergognava di chiamarlo utopia, perché infondo sapeva che da lì sarebbe partito e che solo i grandi sognatori possono raggiungere grandi traguardi. Prendendo come linee guida quelle del socialismo storico, è riuscito a dar forma a un alto livello di sinergia tra i vari settori dell’organizzazione cittadina.

Perché si sta iniziando a parlare così tanto di Marinaleda? Perché in un Paese come la Spagna, dove la disoccupazione rimane alta (in discesa al 22,7% nel 2015, dopo picchi oltre il 25% negli anni precedenti), una comunità dove tutti gli abitanti hanno una occupazione stabile non è altro che un ritaglio di paradiso. Circa il 70% della popolazione è impiegato nel settore agricolo, specializzato nella produzione di carciofi e peperoni, mentre il restante 30 % lavora negli uffici pubblici e in piccole attività private.

E quando il raccolto scarseggia? Nessuno resta a casa, si divide ciò che si ha, magari guadagnando meno, ma unendo le proprie forze in un progetto comune. Ed è proprio questa la ricetta della felicità di Marinaleda, la cittadina dove per il permesso di edificare su un terreno di 90 mq è sufficiente versare la cifra di 15 euro. Una bufala? Provare per credere! Il Municipio, fornendo un terreno, permette ai cittadini di costruire mattone dopo mattone la propria casa di due piani, decidendo mese per mese la somma da versare, a seconda della propria disponibilità. E’ perfino possibile scontare le ore di lavoro dai costi di costruzione, e questo favorisce l’aggregazione e la ripartizione dei ruoli all’interno della comunità, a seconda delle proprie competenze.

Per spiegare la sua scelta, Sánchez Gordillo, fa appello all’articolo 47 della Costituzione che recita: “tutti gli spagnoli hanno diritto di usufruire di una casa degna e adeguata, e che i poteri pubblici promuoveranno le condizioni necessarie e stabiliranno le norme pertinenti per realizzare questo diritto, regolando l’utilizzo del terreno in accordo con l’interesse generale, per impedire la speculazione”. E’ su queste basi che nasce la politica urbanistica di Marinaleda: il terreno per costruire è visto come un diritto, un bene comune come l’aria. E da qui nascono le domeniche rosse, giornate interamente dedicate alla cura del paese e dei luoghi pubblici, con la pulizia di strade e piazze.

La realizzazione di questo progetto, che dura ormai da diversi decenni, è stato possibile grazie anche al contributo della Cooperativa Humar, che vive a stretto contatto con i cittadini, ascoltando le esigenze di ognuno di loro. Il ruolo stesso dei genitori è valorizzato con attenzione, e per questo motivo sono ridotti al minimo i costi della mensa scolastica e della piscina pubblica, una manciata di euro quasi simbolica che permette alle famiglie di arrivare a fine mese senza tirare la cinghia.

Lo so, abituati a diffidare di chi racconta storie che più che realtà sembrano utopie, si rimane un po’ perplessi di fronte al quadro generale della politica e dell’amministrazione di Marinaleda. Schiavi dello stato mentale “Mors tua, vita mea” vediamo con un po’ di diffidenza queste basi così solide di altruismo e voglia di condivisione. Eppure basta pensare che il motore che muove questo meccanismo non è poi così obsoleto: una buona dose di solidarietà e umiltà, mescolate dall’idea che come esseri umani, poi, siamo tutti uguali.

redazione