Autismo e impegno sociale: intervista a Filippo, operatore T.M.A. (terapia multisistemica in acqua)

L’impegno nel sociale presenta sempre una grande responsabilità sia se lo si fa per puro volontariato, sia che lo si svolga per lavoro. Quando poi ci si deve confrontare con patologie delicate e variegate nei sintomi come l’autismo la difficoltà naturalmente aumenta. Per capire meglio come funziona il lavoro quotidiano di un operatore T.M.A. (terapia multisistemica in acqua) rivolto a bambini autistici e con disabilità psicofisiche, abbiamo intervistato Filippo Pironti, il quale svolge questa professione o meglio dire segue questa vocazione a Catania da parecchi anni.

Come mai hai deciso di voler intraprendere un lavoro così delicato, come operatore T.M.A. (terapia multisistemica in acqua) per bambini autistici e con disabili psicofisiche?

Pensandoci bene, non ho deciso io di intraprendere questo lavoro così delicato, ossia operatore T.M.A. (terapia multisistemica in acqua) rivolto a bambini autistici e con disabilità psicofisiche. Sono stato scelto da questi bambini, e da allora la passione è diventata lavoro e si rafforza ogni giorno di più.

Come ti sei approcciato la prima volta? Ricordi il primo bambino che hai seguito?

Il mio primo approccio con questi bambini non risale al lavoro, bensì alle scuole superiori, nell’istituto tecnico agrario di Catania dove nella mia classe erano presenti ragazzi portatori di handicap. Il primo bambino l’ho seguito insieme a mia sorella, anche lei operatrice. Ho iniziato il mio lavoro guardando, facendo dei video per vedere dei progressi, poi sono entrato in acqua la prima volta e da allora non sono più uscito.

Quali sono le difficoltà più grandi che, durante il tuo lavoro, senti di dover affrontare?

Le difficoltà più grandi che spesso mi ritrovo ad affrontare riguardano un aspetto che va oltre la lezione stessa, ossia il lavoro d’équipe. Per lavoro d’equipe s’intende il confronto con tutti gli operatori che seguono il bambino, e purtroppo spesso ciò non è possibile a causa dell’elevato numero di essi e dell’impossibilità di fare coincidere tutti gli appuntamenti.

Che caratteristiche generalmente presentano i soggetti affetti da autismo?

Il Disturbo dello Spettro Autistico rappresenta un insieme eterogeneo di Condizioni del Neurosviluppo, che si manifestano in età precoce, caratterizzate da difficoltà nella comunicazione e nell’interazione sociale e dalla presenza di comportamenti e interessi ristretti e ripetitivi. Questi sono gli aspetti da attenzionare secondo i manuali diagnostici, ma in realtà raramente un bambino presenta tutte le caratteristiche. In quasi sei anni di lavoro ho capito che, come tutti gli esseri umani, ogni bambino che ho seguito è differente l’uno dall’altro, sia come carattere sia come livello di gravità della malattia.

Parliamo adesso invece degli aspetti positivi della tua esperienza lavorativa. Che emozioni provi quando giochi o insegni a nuotare ai bambini?

Gli aspetti positivi sono tanti. Partiamo dal presupposto che questo genere di lavoro, sia in acqua sia come terapista a casa, dev’essere dettato dalla passione altrimenti non lo potresti mai fare. Questi bambini non seguono le regole degli schemi sociali, sono parecchio istintivi e se tu fai quel lavoro senza passione se ne accorgono subito. Per questo dico sempre che sono loro a scegliere da chi essere seguiti. Trasmettono mille emozioni tramite un semplice sguardo,un sorriso. Ti riportano nel mondo dei bambini e ti fanno divertire con loro. Forse è proprio questo il mio piccolo segreto: mi diverto e mi piace stare con loro.

Quanti benefici ricavano i bambini dalle terapie che tu operi?

I benefici dei bambini variano. Personalmente non mi aspetto che i bambini che io seguo diventino campioni di nuoto. Mi aspetto che si possano svagare, fare un qualcosa che a loro piace, imparare tramite il gioco alcune regole per poter vivere in società: tempi di attesa da rispettare, saper stare con gli altri, socializzare con gli altri istruttori della piscina e magari anche con gli altri bambini.

Cosa consiglieresti ai genitori di bambini che hanno problemi di natura psicofisiche e disabilità di qualche genere?

Bella domanda. Ho provato spesso a mettermi dal lato del genitore. L’unico consiglio che posso dare è di non affidarsi alla prima persona che incontrano e seguire l’istinto da genitore. Tante persone negli anni hanno provato a lucrare sulla disabilità proponendo mille terapie inadeguate. Personalmente non so quale sia la terapia più adatta ,e reputo che non ne esiste una perfetta, ma varia da bambino a bambino. La disabilità del figlio è comunque un peso che però non bisogna portare da soli. Esistono varie associazioni di genitori che permettono il confronto, aiuto fondamentale per poter affrontare al meglio la vita del figlio e la propria.

Hai un sogno nel cassetto per questi bambini?

Il mio sogno nel cassetto è in teoria semplice ma contemporaneamente difficile da attuare. Sogno una società dove questi bambini possano integrarsi socialmente e lavorativamente, dove non ci sia lucro su di essi ma la passione di chi li aiuta a migliorare giorno dopo giorno. So che oggi, in una società materialista come la nostra, è difficile anche solo pensare una cosa del genere, ma è questo sogno che ogni mattina mi dà la forza di alzarmi e lottare nel mio piccolo per farlo diventare realtà.

Alice Spoto