Dalla saliva un antidolorifico più potente della morfina

Il dolore è una delle esperienze più provanti in assoluto per un uomo. Per questo, nell’ambito delle terapie compassionevoli, la terapia del dolore gioca un ruolo fondamentale, soprattutto per rendere più tollerabile l’ultimo periodo di vita per i malati terminali. Tuttavia, curare il dolore non è da considerare come una pratica medica che entra in atto quando non c’è più nulla da fare. Numerose malattie, acute e croniche, così come vari interventi chirurgici, costringono i pazienti a sopportare sofferenze non da poco. Ridurre sempre di più, e con sempre meno effetti collaterali, la percezione degli stimoli dolorosi da parte dei pazienti, quindi, rappresenta una sfida attuale e mai conclusa.

Un farmaco, ma anche una droga

L’antidolorifico maggiormente utilizzato per la cura del dolore grave, sia acuto che cronico, è attualmente la morfina. Derivato dell’oppio, in cui è presente in una concentrazione pari al 7-18%, è famoso per la sua grande efficacia e per la rapidità con cui agisce.

Non possiamo, comunque, definirla tutta “rose e fiori”. La grande utilità della morfina è, infatti, appesantita da due grandi problematiche: l’assuefazione e la dipendenza. L’assuefazione fa si che, con l’uso continuativo del farmaco, siano necessarie dosi sempre maggiori per beneficiare degli effetti. Come se non bastasse, la capacità del farmaco di indurre dipendenza  fa sì che sia necessario ridurre progressivamente le dosi per non incorrere in una vera e propria crisi d’astinenza.

Una analgesico nella saliva

Numerosi pregi, quindi, ma anche molti difetti. È possibile fare di meglio? La scienza è convinta di si. Per questo motivo, la ricerca nell’ambito della percezione del dolore e della relativa terapia non si è mai fermata. La scoperta più entusiasmante riguarda sicuramente l’opiorfina, un anestetico naturale presente nella saliva umana che sembra di gran lunga più efficace nel ridurre il dolore della morfina.

Niente di creato in laboratoio, nessuna sostanza di origine vegetale. L’opiorfina si trova dove non avremmo mai pensato, nella saliva umana. Per l’esattezza, si tratta di un peptide composto da soli 5 amminoacidi prodotto a partire dalla proteina PROL1. Grazie alla sua piccola dimensione, l’opiorfina attraversa senza problemi quella che è la principale difesa del nostro cervello, la barriera ematoencefalica. Incredibilmente, oltre ad essere un potente analgesico, può anche agire da antidepressivo. L’asso nella manica dell’opiorfina è l’assenza di effetti collaterali simili a quelli della morfina. Incredibilmente tollerata dal corpo umano, anche in quanto prodotta dallo stesso, non causa assuefazione né dipendenza.

Un ottimo punto di partenza, ma c’è ancora da lavorare

Le applicazioni di un farmaco così promettente sarebbero certificamente molteplici, ma perché l’opiorfina possa essere utilizzata in medicina è necessario migliorarla. Si tratta di una molecola relativamente instabile a livello intestinale, questo vuol dire che se fosse assunta sotto forma di compressa la sua permanenza nell’organismo sarebbe molto ridotta, così come il suo assorbimento. Quello che si sta cercando di fare è modificare la struttura dell’opiorfina, senza alterarne la funzione, in modo da renderla più stabile all’interno dell’organismo.

Diversi e lunghi studi saranno necessari prima di un effettivo uso nella pratica clinica, ma l’opiorfina potrebbe realmente stravolgere la concezione che fino ad oggi abbiamo avuto di terapia del dolore.

Silvia D'Amico