A religious man overlooking a Los Angeles freeway

Alla ricerca del “Sogno Americano”

L’America è la terra delle mille possibilità, la terra sulla quale ricominciare nel segno della libertà, un Paese dalle infinite opportunità. Una nazione fondata da immigrati spinti dalla volontà di realizzare il “Sogno Americano“, come fuga dalla persecuzione o dalla guerra. In tutta la sua storia l’America è stata un luogo di opportunità per gli imprenditori provenienti da altre parti del mondo; seppur attraversata da tante contraddizioni, infatti, gli Stati Uniti sono da sempre stati la nazione simbolo della ricerca della libertà e della felicità.

 

 

 

 

Il sogno americano rappresenta la speranza, che con il duro lavoro, il coraggio e la determinazione sia possibile raggiungere un migliore tenore di vita e ottenere la felicità. Questa definizione fu coniata da James Truslow Adams nel suo libro The Epic of America pubblicato nel 1931, come monito a reagire al periodo della Grande Depressione. Da quel momento il sogno americano è stato utilizzato per descrivere l’American way of life; una filosofia condivisa dai primi coloni europei e tramandata alle generazioni future, passando da Martin Luther King a Barak Obama. Il sogno americano è sopravvissuto a tutte le contro-culture che l’hanno attaccato o ridicolizzato, solo recentemente è stato messo in crisi dal tramonto della macchina dei sogni USA; un fallimento finanziario e militare prima che economico.

Si discute molto su cosa rappresenti il sogno americano oggi e per cercare di dare una risposta a questa domanda quest’anno il festival di fotografia Diffusion, che si è tenuto per tutto il mese di ottobre a Cardiff, nel Galles, ha scelto come tema “Looking for America“: un’indagine sul significato e sulla condizione attuale del sogno americano, dentro e fuori il continente.

Tra le esposizioni è possibile ammirare “And now it’s dark”, una mostra collettiva dedicata alla fotografia notturna negli Stati Uniti, che ospita il lavoro di Jeff Brouws sulle insegne al neon e l’illuminazione nelle strade, quello di Will Steacy tra gli aeroporti e i centri finanziari di varie città e le visioni di Todd Hido dei paesaggi di periferia sorti nel secondo dopoguerra. Troviamo anche, “Dépaysé” di Serge Clément, un viaggio intimo e solitario a Montréal, la sua città d’origine e “As it was give(n) to me” di Stacy Kranitz, un archivio di immagini, testi, disegni e oggetti, tracce delle miniere di carbone sui monti Appalachi del Kentucky

Jack Latham presenta “A pink flamingo”, immagini desolate dell’Oregon trail, una delle principali strade usate dai migranti nel diciannovesimo secolo: un viaggio che richiedeva dai quattro ai sei mesi e attraversava più di metà degli Stati Uniti. “I called her Lisa Marie” di Clémentine Schneidermann racconta l’ossessione per il mito di Elvis Presley a Porthcawl, una piccola città del South Wales che ogni anno ospita un festival in onore del re del rock’n’roll; in “High school/Right” Jona Frank, invece, racconta le speranze, le paure e le aspirazioni di giovani studenti americani di diverse classi sociali.

Se puoi sognarlo, puoi farlo!” diceva il celebre fondatore Walt Disney. I sogni possono essere di vario tipo e pensare che esista un posto fisico dove li potremmo realizzare è stimolante, ma di certo rappresenta solamente un mito che ci fa capire quanto in realtà tutto ciò è indeterminato e lontano dalla realtà.

In questo articolo non vogliamo dare delle risposte, ma solo far sorgere in voi uno spunto di riflessione su che cosa rappresenti veramente il sogno americano oggi. Possibile sia solo questione di fama, potere e soldi? E’ questa l’unica strada per la piena affermazione di noi stessi nel mondo?

Claudia Ruiz