A Pompei l’arte non ha più valore

Non bastava che gli scavi di Ercolano e Pompei continuassero ad usurarsi col tempo. Recenti sono stati i crolli nell’area degli scavi archeologici e di certo i fondi per la ristrutturazione scarseggiano ma, a quanto pare, non scarseggiano quelli per la creazione di un nuovo impianto idraulico!

Ebbene sì: Pompei sta davvero morendo ogni giorno. L’ultimo colpo al sito archeologico è stato inferto dall’uomo stesso. La trovata? Su una statua antica è stato innestato un rubinetto moderno con tanto di presa plastificata. La denuncia arriva direttamente dalla pagina Facebook “Anima Vesuviana” che si è sempre posta in prima linea per difendere il patrimonio storico-artistico delle località partenopee. I giovani si sono attivati affinché vengano ripristinati vecchi rubinetti con il pomello d’ottone.

Non solo: oltre al problema estetico, si è presentato un problema pratico. Per far sgorgare l’acqua sarebbe necessaria una certa forza per aprire il rubinetto e così facendo si rischierebbe di rovinare una statua antica di 2000 anni!

Gli attivisti sono giunti a scomodare addirittura la Soprintendenza archeologica di Pompei così da riportare il sito al fascino intatto di una volta, cancellando del tutto l’azione umana dalle statue. Le nuove valvole, più fini e in linea con lo stile antico delle statue, permetterebbero così una più facile maneggevolezza nell’aprire la fontanella.

Sta di fatto che le statue rimarranno con il rubinetto in bocca per chissà quanto tempo. Sembra proprio che ci sia qualcuno che pensa di fare a meno di tutelare la cultura e il turismo in Italia, il vero settore su cui esiste la possibilità di riscattare la nostra economia. La foto ha fatto il giro del mondo e di certo i commenti non hanno dato adito a lusinghe.

La storia di Pompei, che l’ha resa così famosa in tutto il mondo, è legata all’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. sotto l’imperatore Tito. In occasione di tale cataclisma, Pompei, insieme alle località di Stabia ed Ercolano, venne coperta interamente da ceneri e lapilli che caddero ininterrottamente su tutte le città sopracitate, “pietrificando”, letteralmente, la popolazione. La data ci è nota in una lettera di Plinio il Giovane, scrittore latino, nipote di Plinio il Vecchio che tirò le cuoia proprio in occasione nell’eruzione del 79. Non tutti i mali vengono per nuocere: in onore degli studi compiuti da Plinio sul Vesuvio, le eruzioni come quelle del 79 d.C. sono state definite “pliniane”: queste eruzioni sono caratterizzate da una lava molto viscosa che non scorre lungo i versanti del vulcano, ma si accumula sulla sommità per dopo esplodere, causando le cosiddette “colate piroclastiche”, ovvero, in gergo, le polveri e i lapilli che hanno inondato Pompei. Bisognerà aspettare solo il XVIII secolo per riscoprire le antiche rovine grazie all’intervento dello storico d’arte Johann Joachim Winckelmann. Dal 1997 Pompei è patrimonio dell’umanità dell’UNESCO.

Oggi purtroppo sono continui i crolli di questi ruderi, l’ultimo di questi è avvenuto pochi giorni fa in un’area non aperta al pubblico; a crollare è stato un muro di oltre due metri, non affrescato e restaurato nel secondo dopoguerra a causa dei bombardamenti del ’43.