La isla minima: un noir di fango e morte nel sud della Spagna

Sud della Spagna. In un piccolo villaggio sperduto nel labirintico estuario del Guadalquivir un serial killer opera indisturbato, scegliendo come vittime giovani donne che spariscono nelle paludi senza lasciare traccia. Due detective, Pedro e Juan sono inviati da Madrid per fare luce sull’accaduto. Diversi, per appartenenza politica e metodi ( uno è un poliziotto formatosi nella spagna democratica , l’altro è un ex militare franchista di indole aggressiva e dal passato tormentato),  dovranno affrontare l’omertà degli abitanti, la corruzione e il disinteresse della polizia locale, sfidando una rete sotterranea e persistente di criminalità, torbida e mortifera, come l’immobilità stagnante del paesaggio che vi fa da sfondo.  Luoghi di “macabra” bellezza,  che fanno da cornice al  film poliziesco spagnolo “La isla minima”, vincitore di 10 premi Goya in patria (i david di donatello spagnoli).

L’ ambientazione cupa e soffocante sfrutta a pieno le atmosfere del noir per descrivere la prigionia di una piccola comunità fluviale, una vera e propria isola circondata dal fango, invece che dal mare, in cui vengono perpetuate terribili violenze, soprattutto ai danni di chi desidera ardentemente fuggire, al punto da essere disposto a tutto pur di conquistare la libertà, anche a vendere il proprio corpo, come le ragazze vittime degli omicidi. Ed è proprio all’ombra dei sogni adolescenziali di fuga e di riscatto, che “i mostri” e gli approfittatori perpetuano i loro crimini, rimanendo assolutamente impuniti nel perseguire i loro oscuri guadagni.

Con grande senso scenico il regista Alberto Rodriguez rappresenta la  lotta dei due detective contro un “nemico invisibile” che sembra sfuggire ad ogni controllo, senza mai soccombere. E’ così, in questo stato di impotenza,   che anche  le azioni dei protagonisti si fanno torbide e contraddittorie, come  fossero travolte dalla spirale di oppressione che domina le campagne e le paludi della Isla minima. Il bene e il male si confondono in un luogo in cui ogni riferimento sembra perduto. L’unica alternativa è immergersi nelle sue acque sporche, anche a costo di rimanerne contaminati.

Lo è per Juan, tormentato dai demoni del passato che lo assalgono assieme alle sue gravissime colpe, risalenti al periodo in cui era al servizio della dittatura. L’isola diventa per lui un’ambigua  occasione di redenzione che lo porta a riscoprire un’empatia perduta verso le vittime della violenza,  nonostante lui stesso, durante il regime, fosse stato un famoso carnefice. Pedro, invece, compie un percorso opposto. Smarrisce i suoi ferrei principi, travolto da una criminalità senza controllo, diventa irruento e aggressivo, a volte anche più del collega e paradossalmente si dimostra  più cinico dinnanzi alla morte.

Attraverso i due personaggi il regista rappresenta la confusione della Spagna all’indomani della caduta di Franco, una riflessione politica inevitabile, che emerge dietro le quinte della fosca e insanguinata indagine.

Francesco Bellia