Segnate la data: il 24 Aprile torna “Game of Thrones”

Di Luca Tognocchi per Social Up!

Segnate la data, liberate i calendari e tenetevi pronti: il 24 Aprile torna “Game of Thrones”. Mentre oltreoceano lo vedranno la domenica sera, per noi torna il rituale appuntamento del lunedì ed approfittiamo dell’annuncio per qualche considerazione sulla passata stagione.

Per la prima volta nella storia della serie le critiche hanno raggiunto l’entusiasmo della massa di appassionati. La quarta stagione aveva messo a tacere ogni possibile critica sfiorando la perfezione, ma quest’anno le cose sono andate diversamente: trama un po’ più sfilacciata che si è ripresa solo negli ultimi episodi ed alcune storyline più deboli hanno riaperto il dibattito.

Ovviamente questo si è rapidamente spostato dalla qualità della sceneggiatura ad un’altra vecchia questione: le differenze con i libri. A mio parere queste critiche sono solamente una pratica autoerotica dei lettori gelosi della controparte televisiva, non trovo altre spiegazioni. Con l’imminente (in parte raggiunto) esaurimento del materiale letterario, gli sceneggiatori Benioff e Weiss sono stati obbligati a trovare strade indipendenti dai romanzi, che però, come ha annunciato lo scrittore George R. R. Martin, arriveranno alla stessa conclusione. È solo questione di tempo insomma. Difendere l’indipendenza di un prodotto rispetto alla sua fonte è fuori discussione nell’era di internet, quindi aspre critiche hanno accompagnato tutta la quinta stagione. I primi bersagli sono stati gli sviluppi delle storie di Jaime e Sansa: nei romanzi le loro trame sono impersonate da nuovi personaggi, tolti nella serie ed “accorpati” ai personaggi già conosciuti dal pubblico. Tralasciando la qualità effettiva delle storie, bassina nel caso di Jaime, io non vedo alcun motivo per arrabbiarsi. La trovo anzi una scelta più che intelligente considerato il mezzo di diffusione: in una serie con così tante storie il tempo di sviluppo e approfondimento è decisamente minore rispetto a quello dei romanzi, che sono scritti dal punto di vista dei diversi personaggi, lasciando quindi spazio al monologo interiore ed alla riflessione degli stessi. Con gli ultimi episodi il dibattito è esploso a causa di apparentemente insanabili divergenze. Io direi “ben venga”. Ben venga che degli sceneggiatori giovani che si fanno carico della serie più seguita al mondo abbiano il coraggio di fare scelte simili senza guardare in faccia a nessuno! Ne avessimo cento come loro. Non dimentichiamo che queste scelte hanno sempre il lasciapassare di Martin che fa parte degli alti vertici della produzione.

Ho dedicato più spazio a questo argomento di quanto avrei voluto, quindi ora possiamo passare al veramente annoso dilemma: Jon Snow è vivo o morto? La questione non dovrebbe porsi; un uomo accoltellato così tante volte dovrebbe essere morto senza alcun dubbio, come confermato dall’attrice Natalie Dormer (Margaery Tyrell) durante un’intervista. Il dubbio però rimane, fomentato da poster ambigui, teorie di ogni genere e fan che giurano di aver visto la Madonna di Medjugorje (anche lei appassionata della serie) negli occhi di Jon nell’ultima inquadratura. Ma se volessimo indagare più a fondo nei motivi di tale dubbio capiremmo un’altra cosa: l’elaborazione del lutto inizia con la negazione e la stiamo ancora attraversando. Nemmeno la morte di un parente richiede tempi così lunghi, ma forse perché a volte i personaggi di finzione sono più reali di quelli che davvero lo sono o forse perché è un anno che aspettiamo, fatto sta che nessuno vuole accettare la morte di Jon.

Il bastardo di casa Stark rappresenta(va) l’ultimo barlume di speranza in un mondo irredimibile ed apparentemente sull’orlo del baratro. Un mondo così simile al nostro, dove non esiste quella meritocrazia morale nelle quali le storie ci fanno credere, dove invece i migliori muoiono tanto quanto i peggiori e spesso peggio. Tolto Jon rimarrebbero Daenerys e Tyrion a cui aggrapparsi, ma forse le loro storie sono troppo distanti dalle nostre, una Regina con i draghi e l’altro nano di una famiglia nobile, invece quella di Jon ci è sempre parsa la più umana, quella nella quale ognuno di noi può vedere qualcosa di sé. La lotta per ottenere l’accettazione, il tentativo di crearsi una propria strada lontano dall’ombra paterna, la coscienza di dover ottenere tutto con le proprie mani e di dover lottare contro i pregiudizi. Tutto questo rappresentava Jon Snow ed accettare che se ne è andato non è possibile.

Quest’anno la serie ha lasciato più domande che risposte, contrariamente al solito. Tolta la domanda più grande rimane da capire cosa ne sarà di Arya, se Stannis sia stato veramente ucciso, cosa faranno (e se sopravviveranno al salto) Sansa e Reek, quale sarà la reazione di Jaime ora che gli è morta la figlia fra le braccia e cosa succederà a Daenerys. Insomma, i motivi per aspettare il 24 Aprile sono tantissimi, forse più degli altri anni, io non sto più pelle. Detto ciò torno al mio lutto.

redazione